Prima prova: tracce belle e di spessore

La vigilia dell’esame di Stato è sempre stata, e tale rimarrà, una vigilia da «Innominato» di manzoniana memoria. I pensieri dei ragazzi spaziano tra il lecito e l’illecito, tra l’avventatezza e l’elevatezza, tra il razionalismo e lo spiritualismo. La palla di vetro diventa un mezzo e uno strumento per assicurarsi almeno la convinzione che il caso e la probabilità giocano a loro favore. Lo «scambismo» culturale diventa la strategia del possibile e whatsapp è il mezzo che facilita la comunicazione come funzione. I giorni che precedono gli esami si consumano tra indagini conoscitive sui presidenti e sui commissari e l’approfondimento dei nomi altisonanti della nostra letteratura. Nomi che si confondono e si studiano pur di arrivare a dare un senso alla sera prima dell’esame; una sera di ansia e riflessione, di ripasso velocee di pericolosa confusione. E allora può accadere che Palazzeschi, scrittore e padre del neo avanguardismo, diventa un presidente d’esame e Prandelli, già allenatore della nazionale di calcio italiana, un ermetico decadente dell’età giolittiana. Così il novecento diventa un incubo! La prova d’Italiano è, come a solito, il primo banco di prova. Finalmente arriva il giorno dello scritto d’Italiano, si distribuiscono in copia le tracce scaricate dal plico telematico del Ministero e si scopre che ogni strategia, ogni vaticinio, ogni certezza della probabilità si sgonfia e si è chiamati a riflettere su nomi, fatti, correnti letterarie e fenomeni artistici sfuggiti al calcolo delle probabilità. Quest’anno è Italo Calvino, scrittore della seconda metà del novecento con «Il sentiero dei nidi di ragno» ad essere la realtà con cui bisogna fare i conti per chi sceglie il tema letterario, mentre la Resistenza, a cui ha partecipato attivamente lo stesso Calvino, è l’argomento richiesto per il tema storico. Particolarmente interessante è l’ambito socio-economico dove si sottolinea l’importanza delle nuove competenze tecniche e metodologiche ritenute necessarie per essere al passo coi tempi. Decisamente più abbordabili gli argomenti presentati nell’ambito storico-politico e in quello tecnico-scientifico. Il Mediterraneo e la libera circolazione di uomini e merci potrebbero diventare ottimi argomenti da esporre dopo gli ultimi avvenimenti giornalmente riproposti dai mass-media. L’immigrazione sarà senza dubbio l’argomento che orienterà la scelta prevalente dei candidati. Stampa e televisione da un po’ di tempo a questa parte ne propongono una quotidiana riflessione. Previsioni quanto mai azzeccate anche per quanto attiene all’ambito tecnico-scientifico con l’argomento sullo sviluppo tecnologico che rende più facili le comunicazioni. Cellulari, internet, social network sono pane per i denti degli esaminandi. Su questi argomenti i ragazzi sono sicuramente molto informati e fortemente motivati. Cosa dire delle trace di quest’anno? Che ad eccezione del tema letterario, sono decisamente alla portata di tutti. Argomenti attualissimi mettono i candidati all’esame di Stato dell’edizione 2015 nelle condizioni di scrivere e di ben padroneggiare i contenuti proposti. Il problema se mai è forse un altro ed è racchiuso nella capacità di comunicare il proprio pensiero attraverso lo scritto. Per arrivare a una padronanza espressiva occorre non trascurare la lettura come metodo di riflessione, di approfondimento e di analisi. Una sottolineatura che non può prescindere dalla necessità di non trascurare gli studi umanistici. In questa direzione trovo interessante quanto sottolineato da Martha Nussbaum, filosofa americana contemporanea, la cui citazione è riportata nell’ambito socio-economico. Dunque dobbiamo stare attenti a non fare del profitto lo stile di vita salvifico alla base delle relazioni umane. Il profitto fine a se stesso porta, imperdonabilmente, alla perdita del senso della solidarietà, dell’accoglienza, della conoscenza dell’altro come persona ricca di cultura, tradizione e patrimonio umano. Valori etici a cui la scuola è chiamata a dare fortemente il proprio contributo formativo. Vale per questo spingere il processo di formazione anche e soprattutto verso una pedagogia inclusiva che ponga l’altro come risorsa e non come peso nell’ambito di un diritto etico e civile che non sia racchiuso in schemi materiali ed egoistici. Valori che non nascono dal nulla, né possono essere inventati, ma che richiedono una sostanziosa capacità educativa che viene lasciata prima di tutto alla famiglia e poi alla scuola. Purtroppo questo processo talvolta è macchiato, ma non compromesso, da stili di vita che afferiscono alla ricerca di valori di possesso e di sfruttamento. I recenti episodi di corruzione se da una parte danno un’immagine devastante della condizione umana, dall’altra possono risvegliare un rinnovato sentimento di conoscenza e scoprire che il possesso materiale di beni non può e non deve essere l’unica ragione di vita. «Ma guarda di quante cose hanno bisogno gli ateniesi» esclamava Socrate mentre percorreva in compagnia dei suoi allievi le strade di Atene, soffermandosi davanti alle bancarelle ricolme di ogni ben di Dio. Dello stesso avviso è il sociologo Erich Fromm quando in «Avere o essere» sottolinea la corsa dell’uomo verso il possesso perché trova in esso la ragione della propria esistenza. «Più si ha e più si è» sembra essere il nuovo slogan su cui gli uomini fondano la conoscenza. Tocca alla scuola smentire clamorosamente questo pericoloso assioma . Non possono carriera e soldi sostituirsi a umanità e solidarietà, come non possono l’egoismo e l’egocentrismo essere considerati valori formativi nonché educativi. Ecco perché l’insegnante riveste nel processo formativo un ruolo pedagogico ed educativo di fondamentale importanza per la futura generazione di uomini del domani. Cambiare si può solo se si vuole vedere nel sapere, nella cultura un’occasione da raggiungere per un ideale etico che non scivoli in utopia. Tocca a noi adulti educare i ragazzi a non cadere nel tranello di tanti pseudo valori che nulla hanno a che vedere con l’etica dell’esistenza. Dobbiamo educare i giovani a pensare con la propria testa, a sentirsi parte attiva in questa società dominata da egoismi, a osare per uscire da uno stato di torpore in cui la nostra società sembra averli rigettati. «Sapere aude! – dice Kant - Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza. Una generazione educa l’altra». Non esitiamo a sporcarci le mani se vogliamo offrire a questi ragazzi motivi di credere negli adulti . Meglio sporcarsi le mani che la coscienza.

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