La cronaca che una volta era chiamata “nera” riporta, ormai giornalmente, notizie dell’ennesimo reato di violenza estrema, definito con un termine persino cacofonico nel suo orrendo significato: femminicidio.Il governo si è affrettato a promulgare una specifica legge per scoraggiare questo vile delitto, cui un numero sempre maggiore di adulti con cromosoma Y, brutalmente ricorre. Ci vorrà del tempo, tuttavia e a mio modo di intendere, prima che tale disposto legislativo sortisca effetti significativi, se mai ce ne saranno.Organizzo un tentativo per fare ordine nella mia mente, con lo scopo di chiarire al meglio questa mia pessimistica previsione.Mio padre, uomo di grandissima intelligenza, nemmeno lontanamente paragonabile con quella del suo modesto primogenito, aveva per mia madre un enorme rispetto all’interno del quale la componente “biologica” era del tutto marginale. In qualsiasi momento felice o drammatico, egli considerava sua moglie, persona capace di esprimersi spiritualmente e concretamente alla pari con lui e assai di sovente a livelli superiori. Non per niente nelle sue espressioni appropriate, opportune, si affacciavano spesso i nomi di Dante e Petrarca, di Laura e Beatrice. La stragrande maggioranza dei suoi coetanei dava, invece, ai loro rapporti con l’altro sesso un significato completamente diverso, cucito e aderente ad un pensiero di Papa Francesco, che qualche giorno fa così ammoniva, riferendosi alla donna: “ non è lecito confonderne il servizio con la servitù”. Ciò poteva avere un senso, pur grossolanamente errato, in una società in cui il possessore di tessuto muscolare più sviluppato andava a scaricare i suoi “Joule” (unità di misura del lavoro) nei campi, mentre la più fragile creatura muliebre rimaneva in attesa dentro le fetide mura domestiche ad accudire i marmocchi e a preparare il pasto appena sufficiente a ripristinare durante la notte le riserve energetiche del “capo” .Oggi la macchina a vapore, il petrolio ed il computer hanno ridisegnato la figura femminile, drasticamente cambiandone l’ arcaico significato, proiettandola verso l’autonomia anche e soprattutto in termini di produttrice di reddito e come tale capace di autosostentamento.Eppure, ancora adesso, nell’epoca del web e della globalizzazione, rimane, largamente diffusa, la disumana, anacronistica convinzione che la donna è un essere inferiore, una serva, da sottomettere senza riserve, senza limiti e senza diritti di replica ai propri voleri. Interpretando fino in fondo tale “filosofia schiavista” molti rivendicano il possesso di colei che ha accettato di viver loro accanto, fino all’esercizio del potere di vita o di morte.La principale ragione di tali comportamenti si coglie con irrisoria facilità. Certa tipologia di individui, culturalmente ( è solo un luogo comune definire cultura la più lugubre delle ignoranze) abituati a questo loro rango dominante, non solo ora se lo vedono inopinatamente sottrarre, ma scoprono con stizza che colei che ha deciso di abbandonarli, quasi sempre a causa dei soprusi a lungo sopportati, è in grado di badare egregiamente a se stessa e ai figli dei quali ella si svela essere unica genitrice, essendo obiettivamente risibile il distratto, sbrigativo ed irresponsabile contributo spermatozoico. Breve considerazione “a latere” ben lungi dall’essere trascurabile: Chi tra gli umani del mio stesso sesso ( e mi ci mescolo anch’io), sarebbe pronto ad affrontare le sofferenze della gravidanza ed i dolori del parto?Non ci sono dunque attenuanti o scuse. L’uomo uccide perché si scopre più vulnerabile, malgrado i superpettorali e l’addome a tartaruga. L’uomo uccide perché, più o meno consapevolmente, cade in preda ad uno dei sette vizi capitali: l’invidia. L’uomo uccide perché improvvisamente aggredito da un complesso di forte inferiorità nei confronti di colei che ha sempre considerato “una cosa” solo adatta a soddisfare i suoi bisogni.L’uomo smetterà di uccidere le donne non sotto la minaccia della pena (alcuni di questi assassini al massimo della disperazione per il loro conclamato fallimento, autoeseguono quella capitale), ma solo quando avrà preso coscienza che l’altra metà della propria specie è in possesso di sequenze nucleotidiche diverse, forse migliori, che codificano per grazia, leggiadria, attraente fisicità, intelligenza sopraffina, creatività, capacità a intraprendere, senso pratico e molto altro da troppi ancora ritenuto impossibile.
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