La notizia apparsa su alcuni quotidiani nei giorni scorsi è curiosa. Riferisce dell’intenzione, in Austria, di abolire le bocciature a scuola. Lo avrebbe annunciato il ministro austriaco dell’Istruzione: dal 2012 tutti promossi. Il motivo? Secondo il ministro la bocciatura è spesso il primo passo verso l’abbandono degli studi da parte dei giovani. E questo non è un problema solo di chi viene bocciato ma del Paese intero, che viene a registrare un solenne insuccesso della scuola. Naturalmente la semplificazione “niente bocciature”, alla fine non è così semplice. Infatti, il ministro austriaco pensa che chi va male a scuola, chi è insufficiente in alcune materie, deve recuperare. Ma senza stop. Dovrebbe piuttosto frequentare appositi corsi di recupero. Notizia curiosa. Ma anche capace di provocare qualche riflessione, pensando al sistema scolastico italiano. La prima riguarda il fine della scuola, che è quello di promuovere e non bocciare. La scuola dovrebbe essere, infatti, un formidabile “ascensore sociale”, portare chi vi sale a un livello superiore, senza lasciare indietro nessuno. Deve elevare il livello culturale dei cittadini. Deve,ancora di più, preoccuparsi di educazione – nell’accezione propria scolastica, legata allo sviluppo pieno della personalità dell’allievo, secondo il mandato alla scuola pubblica –, cosa che chiede tempi lunghi e sguardo capace di superare l’utilità immediata. La scuola così non si compiace di bocciare, non misura la severità e la serietà sul numero degli insuccessi. Riflettere in questa direzione chiederebbe dunque sì di ripensare le bocciature (forse non di abolirle, ma ripensarle sì), di individuare modalità efficaci di recupero delle lacune, degli insuccessi. Considerando, inoltre, che l’abbandono scolastico è una piaga reale. Non è facile affrontare questi temi. Anche perché chiederebbe un impiego di risorse intellettuali e soprattutto economiche a vantaggio della scuola pubblica che in questi anni di magra pare improbabile. Qualche anno fa, poi, l’esperimento dell’eliminazione degli esami a settembre è sembrato naufragare e la scuola italiana ha fatto marcia indietro in nome di efficienza ed efficacia. Varrebbe la pena di riflettere, anche, sul rapporto tra scuola che promuove e obbligo scolastico: da quanto tempo lo si vorrebbe più esteso di quanto non sia già? E poi c’è la questione del valore legale dei titoli di studio, cioè, in qualche modo, della certificazione dei risultati scolastici. Molta carne in pentola. Ma il timore è che il fuoco sotto sia quasi spento.
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