Nell’estate del 1988 la ricostituzione della Provincia di Lodi era in dirittura d’arrivo. E poiché ogni provincia che si rispettasse doveva avere il suo quotidiano, Franco Scibilia ed io iniziammo a tempestare il direttore del Cittadino, che era monsignor Mario Ferrari, sostenendo che quella sarebbe stata un’occasione irripetibile. Il Cittadino usciva due volte la settimana: il lunedì e il venerdì. Però deteneva il monopolio della pubblicità – diceva Scibilia – e in parte anche quello dell’informazione - aggiungevo io - perché, grazie all’edizione del fine settimana entrava, con la “buona stampa“ delle parrocchie, in oltre diecimila abitazioni. Quei diecimila lettori – sostenevo - se ci fossimo trasformati in quotidiano avrebbero iniziato a comprarci tutti i giorni, e non solo di domenica. Cosa avremmo dovuto temere? Il più scettico, circa una crescita tumultuosa del giornale, era il presidente del consiglio d’amministrazione, monsignor Carlo Ferrari. Il quale storcendo il naso diceva che i lettori non li porti a casa con lo schiocco delle dita, ma avremmo dovuto conquistarceli uno per uno. Il tempo gli avrebbe dato ragione, ma il direttore del Cittadino era l’uomo delle imprese temerarie, e si lanciò nell’avventura, non senza qualche giusta preoccupazione: sarà – scrisse in quel frangente annunciandolo ai lettori – «un’impresa difficile e onerosa ma non disperata».Per dare sostanza a quella che sarebbe diventata la futura redazione venne sguarnita la redazione di Radio Lodi da tutti coloro che vi collaboravano nella realizzazione del notiziario, da Aldo Papagni in primis, che si fece carico di coordinare il settore dello sport. A Mauro Rancati toccò la responsabilità di tutta la cronaca locale, a Mario Spini le pagine dell’Italia e del mondo. Nessuno, tra coloro che si imbarcarono nella nascita di quello che sarebbe diventato l’attuale quotidiano del Lodigiano, aveva mai lavorato in un giornale che venisse confezionato tutti i giorni.La maggior parte della “vecchia guardia” dei collaboratori dello storico settimanale non condivise quella decisione. Temette che si sarebbe rivelata un’impresa fallimentare. Opinione, questa, condivisa da un altissimo numero di benpensanti di Lodi e del territorio: sarà un buco nell’acqua, dicevano, e speriamo che tornino a fare il settimanale prima che i bilanci in rosso si facciano così pesanti da costringerli a portare i libri in tribunale…Non è andata così. Il primo numero uscì il 26 gennaio del 1989. Non furono momenti facili. Nell’agosto dello stesso anno il Cittadino vendette in edicola 580 copie (una nullità...). Tante volte abbiamo temuto un naufragio, ma poco per volta i lettori sono cresciuti di numero, così la pubblicità. Poi è arrivato l’aiuto della legge sull’editoria.Venticinque anni sono trascorsi dal gennaio 1989 . E in questo quarto di secolo i giornalisti del Cittadino hanno assicurato al Lodigiano prima e anche al Sudmilano poi l’uscita di un giornale interamente dedicato al territorio. Tutti i giorni. Da allora sembra passato un secolo. Non c’erano i telefonini né Internet. Le carte d’identità si facevano a mano. E nelle case di cascina (che erano ancora densamente popolate) non tutti avevano i servizi igienici in casa. Come per alcuni decenni il Cittadino settimanale trovò un grande compagno di viaggio nella stamperia dei Senzalari, lo stesso avvenne, in quegli anni, con la tipografia dei Signorelli.La storia di questi 25 anni è scritta sulle pagine del quotidiano. Se oggi il Lodigiano e il Sudmilano, con le loro caratteristiche, le loro storie, la loro cultura e la loro economia sono meglio conosciuti nel mondo, lo devono solo al Cittadino. Il web non ha confini, ha avvicinato il Lodigiano a San Francisco, il Sudmilano all’Australia. I nostri giovani, sparsi ovunque, anche nei Paesi più sperduti in cerca di lavoro o in posizioni di rilevanza e di prestigio, mantengono il collegamento con la propria terra quasi esclusivamente grazie a Internet e al Cittadino. Venticinque anni sono passati. In essi non siamo stati spettatori, ma protagonisti.Nutro un profondo debito di riconoscenza verso i miei direttori – don Mario Ferrari e don Attilio Mazzoni – e verso coloro che ho avuto al mio fianco nella guida del giornale in questi anni, in particolare Renato Goldaniga prima e Aldo Papagni poi. Un giornale, un quotidiano soprattutto, è uno strumento costruito ogni giorno dalla coralità dell’intera redazione, e il Cittadino non sarebbe diventato uno strumento insostituibile di questo territorio, un’istituzione seria e stimata, senza il lavoro quotidiano di quanti ad esso lavorano, i giornalisti per primi. Ma la forza principale del Cittadino è riposta soprattutto nel suo “proprietario”, che è uno dei pochissimi “editori puri” della stampa quotidiana d’Italia. I vescovi che si sono succeduti in questi anni alla guida della diocesi di Lodi hanno sempre voluto che gli utili del giornale venissero reinvestiti in azienda, in chi in essa lavora, nei miglioramenti tecnologici e nelle prospettive del futuro. Era lucidissima l’analisi fatta il 2 dicembre 1988 da don Mario Ferrari, quando in un articolo di fondo annunciò l’imminente nascita del quotidiano: «Se i cattolici non possono esprimere una presenza, una posizione nella società, sono da questa emarginati, lasciando ad altri la libertà di imporsi. È pacificamente riconosciuto, anche da chi è su altri fronti di pensiero, che se il Lodigiano esiste è perché la diocesi nei secoli ne ha mantenuto l’ampiezza e l’identità. È appunto questa identità che con l’emarginazione dei cattolici verrebbe contratta se non sconvolta». E ancora: «Non intensificando la sua uscita, non facendo cronaca, il Cittadino potrà continuare a esistere, ma come bollettino diocesano, circolando solo all’interno delle sacrestie e degli ambienti cattolici. Le nostre prospettive sono modeste. In un mondo pluralista e forgiato dai media la presenza dei cattolici non può mancare nel campo della comunicazione sociale, tanto più che il loro contributo è originale, arricchente e direi determinante per l’edificazione della civitas terrena. Se restiamo tra la gente è perché abbiamo una causa precisa da servire. Una causa in cui crediamo. Una causa che rileva della nostra specifica visione e posizione sulla persona umana, sulla famiglia, sulla società, sulla libertà di scuola, sull’inviolabilità della vita, sulla scelta degli umili con attenzione alle antiche e nuove povertà».Argomenti, questi, tuttora attuali. Che hanno costituito la linea editoriale sulla quale si è mosso il Cittadino in questi 25 anni.Siamo stati – e siamo - il giornale del territorio. Siamo il giornale della gente. Fedeli alla nostra identità, che affonda le proprie radici nella dottrina sociale della Chiesa, abbiamo lavorato e lottato per tenere alti i nostri valori e i nostri principi. A essi non verremo meno.
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