C’era una volta la favola del Novara calcio, ovvero pane, calcio e programmazione, con tanti giovani da far crescere, una lunga serie di categorie da scalare e un progetto anche etico da portare avanti con coerenza e coraggio, di fronte a un calcio travolto invece dagli scandali e dalla volgarità di un dio denaro sempre più prepotente. Il progetto va avanti, i campionati vengono vinti alla grande, in questo angolo di Piemonte spesso freddo e compassato tornano gli antichi entusiasmi dell’epoca di Piola e, dopo oltre mezzo secolo, gli azzurri tornano a calcare i campi della serie A. Campo novarese che tra l’altro viene mutato in sintetico, approccio forse meno romantico ma sicuramente più economico e in grado di garantire un fondo sempre omogeneo rispetto a certe “pelouse” naturali sì, ma assolutamente penose dopo poche partite. A guidare la squadra in questa magnifica cavalcata è sempre Attilio Tesser, uomo mite anche se ferocemente determinato nel raggiungere gli obiettivi che si pone una società moderna e dinamica come quella presieduta da Carlo Accornero.Cominciata la serie A si vivono giornate esaltanti come la vittoria sugli ancora campioni del mondo (allora) dell’Inter, poi lentamente, come era prevedibile da organico e da budget, si scivola all’indietro, sempre di più. La logica dominante nel nostro calcio vuole che a questo punto venga sacrificato l’allenatore: il Novara all’inizio resiste, è riconoscente al suo condottiero protagonista d’imprese straordinarie in cavalcate precedenti. Poi, di colpo, il blitz che spiazza tutti: via Tesser, arriva Emiliano Mondonico. Il Mondo è un totem del pallone, ha vinto ovunque e fatto crescere talenti purissimi come Lentini, Inzaghi, Vieri. Una vita sempre a testa alta, parlando pane al pane, giocando in provincia come nelle metropoli. Poi la malattia, uno stop relativamente breve, il bisogno di rimettersi in gioco e l’opportunità di un ritorno in serie A proprio con i piemontesi.Aggiustata la difesa, Mondo ha ripreso a macinare il suo calcio tutta sostanza, arrivando a espugnare San Siro, impresa epica per una neopromossa. Eppure anche in questo caso, qualche rovescio ha causato un nuovo ribaltone, esattamente il 14° esonero del campionato in meno di 5 mesi. Un malcostume deprecabile sempre, ma ancor di più in questo caso, con una persona appena tornata alla vita dopo aver sconfitto il nemico peggiore. Una mortificazione che non meritava, un ambiente, quello del calcio, che per una volta insorge a suo favore. Lui però abbozza: certo, c’è rimasto male, malissimo (sembra che la vecchia guardia dello spogliatoio abbia invocato il ritorno di Tesser), ma proprio essere passato attraverso una prova così difficile e così diversa da quelle pur eroiche trascorse in panchina, lo ha cambiato. Ora allena i ragazzini dell’oratorio della parrocchia di Sant’Alberto a Lodi e filosofeggia sulle cause della cacciata. Ha spiegato a “La Stampa”: «Il motivo per cui mi hanno mandato via non l’ho capito, nessuno me l’ha spiegato, ma comunque è un fatto positivo. A un certo punto ti metti in testa che ti hanno chiamato a fare un certo lavoro per pietà. Con l’esonero mi sono tolto il dubbio che mi avessero preso per pietà. L’esperienza a Novara era una sfida con me stesso. E l’addio, per uno nelle mie condizioni, può essere pericoloso, determinare un crollo. Invece l’ho assorbito benissimo. È la conferma che posso tornare a fare il mio lavoro». Come trasformare un brutto malcostume in molla per ripartire. Anche Tesser ha ripreso il suo posto, che peraltro qualcuno gli aveva tolto inopinatamente, non certo Mondonico. Qualcuno in questa partita ha perso la faccia ma forse, grazie ai suoi eroi in panca, prima o poi la ritroverà.
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