Pubblichiamo, di seguito, una parte del discorso tenuto il 1 settembre dal presidente Pietro Foroni circa il futuro della Provincia di Lodi. La convocazione del Consiglio Provinciale di giovedì 1 settembre rappresenta un passaggio cruciale nella storia dell’autonomia del Lodigiano. Quando abbiamo ricevuto l’invito a questo appuntamento, lo scenario era diverso: la Provincia di Lodi, insieme a poche altre in Italia, era stata cancellata per decretazione d’urgenza non sulla base di valutazioni di merito e di sostanza, ma piuttosto per rispondere solo a logiche numeriche, di propaganda e non certamente a logiche di razionalizzazione e risparmi di spesa pubblica: razionalizzazione della spesa pubblica, obiettivo certamente meritorio ed imprescindibile ma che nel nostro caso specifico e dei piccoli comuni sotto i mille abitanti non avrebbe sortito alcun risultato.
È infatti risibile l’impatto dei nostri bilanci sui conti dello Stato e i centri di spesa non sarebbero stati comunque cancellati dalla sera alla mattina, ma piuttosto distribuiti in carico ad altri livelli istituzionali, con risparmi limitatissimi, se non addirittura nulli, anzi con aggravi di spesa. E senza alcun vantaggio per i cittadini, anzi con decisi passi indietro sul fronte dell’erogazione dei servizi. Perché cancellare una provincia significa cancellare anche tutti quegli organi rappresentativi dello stato che forniscono un servizio ai cittadini.
Altra logica che avrebbe dovuto condannare la Provincia di Lodi era quella del numero degli abitanti, con l’asticella posizionata arbitrariamente a 300mila abitanti, senza prendere in alcuna considerazione omogeneità territoriale, caratterizzazione territoriale, storia, vocazioni e progettualità. Senza neppure considerare gli sforzi e i sacrifici compiuti per garantire una gestione oculata delle risorse che ha fatto di quella di Lodi una Provincia certamente più virtuosa, molto più virtuosa, di altre. Perché è giusto che i cittadini sappiano che qui i loro soldi non sono mai stati sprecati.
Oggi quel decreto è stato superato da una diversa impostazione cui il Governo è pervenuto grazie al dibattito interno alle stesse forze di maggioranza, al confronto con le opposizioni, alle proteste e ai contributi di tutti quegli amministratori italiani che ogni giorno sanno cosa significa garantire servizi e opportunità ai propri cittadini e si rendono conto di come i problemi del nostro Paese non possano essere risolti con un colpo di spugna che vorrebbe cancellare le rappresentanze democratiche più vicine ai bisogni della gente.
Un mutamento di orizzonti cui ha contribuito anche il Lodigiano, che a tutti i livelli, da subito, con tempestività ed efficacia, è sceso in campo e senza atteggiamenti sguaiati, grazie anche alla tribuna delle idee offerta dalla stampa locale, ha manifestato le ragioni di un’autonomia conquistata nel tempo e che affonda le sue radici nelle caratteristiche che fanno di questo un territorio unico, e unito.
Abbiamo anche ammainato e listato a lutto la nostra bandiera, non come segno di resa, che in effetti non c’è mai stata, ma come provocazione, simbolo, richiamo dell’opinione pubblica su una battaglia, sensata, contro una disposizione, insensata, che mirava ad addossare a questo livello di rappresentanza istituzionale decentrata la legittima e giusta repulsione dei cittadini contro i privilegi di certa classe politica e di certe istituzioni centrali, confondendo erroneamente le Province e i Comuni con la cosiddetta “casta” da ridimensionare.
Qualche dato: le Province rappresentano solo l’1,5% della spesa dello Stato, sono oggi l’unico intermediario tra le istanze della popolazione, i Comuni e il legislatore regionale, gestiscono deleghe che necessariamente devono trovare un’espressione sovracomunale e che però, nel nostro caso, non potrebbero essere gestite in maniera adeguata neppure da Milano: pensiamo alle strade, all’ambiente, alla scuola, solo per fare qualche esempio. Le Province rappresentano oggi l’identità e gli interessi di un territorio. Pensate se non ci fosse stata la Provincia di Lodi: avremmo a Senna la più grande discarica per inerti d’Europa, non avremmo ottenuto le giuste compensazioni per la centrale di Sorgenia, dovremmo accettare i rifiuti di altri territori o addirittura impianti, come quello Elcon, che non hanno eguali nel continente.
Se non ci fosse stata la Provincia di Lodi a rappresentare gli interessi coordinati del territorio, non potremmo pensare a una politica di sviluppo e di marketing territoriale adeguata, non si sarebbero messe in campo risorse e idee per agganciarci al treno di Expo, per fare del Lodigiano una delle culle europee della ricerca e dell’innovazione nell’agricoltura e nelle imprese, non parleremmo neppure di università.
Potremmo ragionare per ore sulle cose fatte da questa istituzione; e sulle cose che questo ente ha impedito accadessero al Lodigiano.
Ma dobbiamo guardare avanti. Adesso che abbiamo messo un punto fermo, e cioè che la Provincia di Lodi non deve essere cancellata con un colpo di spugna, dalla sera alla mattina, e che abbiamo dimostrato che questa battaglia non è stata fatta per salvare il cadreghino di nessuno ma nell’interesse di tutti i lodigiani, anche di quelli dubbiosi o contrari di fronte all’istituzione provincia, con la stessa coerenza e lo stesso impegno dobbiamo dare il nostro contributo alla nuova architettura istituzionale che lo Stato intende darsi.
Dai mezzi di comunicazione nazionali il nuovo obiettivo della manovra è stato semplificato molto: stop al taglio di alcune province, sì al taglio di tutte le province. In realtà, quello che è stato avviato è invece un iter di riforma istituzionale più complesso e più generale, che dovrà raccogliere le legittime istanze dei cittadini che chiedono una riduzione dei privilegi e dei costi della politica ma che dovrà anche garantire l’autonomia e l’autorevolezza dei territori.
Ecco allora la necessità di guardare a nuovi meccanismi di rappresentanza, a nuove modalità di gestione di deleghe che per loro natura debbono restare territoriali, ma anche a nuovi meccanismi di gestione dei soldi pubblici, che non allontanino chi deve decidere l’uso delle risorse da chi paga le tasse, ma al contrario lo avvicinino, per migliorare il controllo, per garantire i migliori investimenti. Bisogna pensare a nuove forme consorziate dei servizi. E’ finalmente l’occasione per realizzare il federalismo vero, anche istituzionale, quello che la gente vuole.
L’idea di autonomia amministrativa non può essere cancellata, va solo reinterpretata; e con essa anche l’autonomia del Lodigiano, la sua unicità, le sue risorse umane, economiche e sociali.
Sia chiaro, il sottoscritto è apertamente contrario all’abolizione delle province. Eppure in un’ottica costruttiva e che non voglia apparire conservatrice siamo pronti a verificare qualsivoglia nuova forma di assetto che comunque preveda e rafforzi enti intermedi formati da aree omogenee che si pongano come interlocutori tra i comuni e le regioni. Chi parla di soppressione tout court di ogni forma di ente intermedio, risponde ad una logica esclusivamente centralistica che vuole sostituire ad un centralismo centrale un centralismo burocratico regionale che non comporterebbe risparmi di spesa. Anzi, il sottoscritto è apertamente per un rafforzamento delle competenze e poteri degli enti intermedi. E naturalmente per l’immediata entrata in vigore della riforma del federalismo fiscale che dovrà portare le necessarie entrate per garantire il giusto e buon governo di questo territorio.
Nel 1999 fondai insieme ad un gruppo di amici un comitato, “Lodi Provincia autonoma” affermando che proprio dalle province di nuova costituzione ma che rappresentavano una straordinaria omogeneità territoriale potesse aprirsi una nuova forma sperimentale di autonomia amministrativa perequata sulle esperienze della Regione Autonoma Trentino Alto Adige-Sud Tirol. Se i comuni rappresentano una visione ristretta, le regione rischiano di essere troppo distanti. Chiaramente la provocazione di quel comitato era forte. Ma da quei concetti, con coerenza, siamo disposti a partecipare all’eventuale nuovo assetto degli enti locali proprio con quell’ottica: rafforzare i poteri, competenze e trasferimenti degli enti intermedi, dimensioni amministrative ottimali per dirla come il prof. Cerulli Irelli, padre delle normative denominate “leggi Bassanini”.
Per questo, siamo pronti, disponibili a ragionare di un diverso riassetto degli enti locali che comunque salvaguardi l’integrità territoriale del territorio lodigiano, le sue caratteristiche e peculiarità e che porti ad una organizzazione che comunque abbia una visione specifica e unica dello sviluppo di questo territorio che non dovrà mai essere confinato come territorio di periferia o succursale di altre zone.
È questa la battaglia che ci attende nei prossimi mesi. Come Presidente della Provincia non mancherò mai di far sentire la mia voce e difendere, contro tutto e tutti, il lodigiano, la sua autonomia e il suo futuro e a lavorare perché l’incertezza cessi il più presto e nel giro di pochi mesi si abbia chiaro cosa attende nel futuro questo territorio e il Paese nel complesso. Dobbiamo continuare a lavorare insieme per dare corpo a un nuovo progetto e ad evitare nuovi colpi di mano.
Torneremo a issare la bandiera della Provincia, con l’orgoglio di chi ha vinto un’altra battaglia e si appresta a combatterne un’altra: quella del mantenimento dell’autonomia anche in una diversa architettura statale, quella della miglior gestione delle risorse dei cittadini, quella di una politica che dalla gente non venga percepita come distante e solo onerosa, ma utile e vicina.
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