Qualche settimana addietro, su queste medesime pagine, manifestavamo indignazione per i reati contro l’umanità e l’ambiente, consumati e replicati in qualsiasi angolo del mondo, in nome di un falso progresso. Ci viene ora fornito, ahinoi, “materiale” idoneo al dolente richiamo di quella lista di infamie, delle quali una vorace frangia di uomini, con la sua presunzione, vanagloria, gestione impropria del potere e pretesa onnipotenza, deve essere ritenuta colpevolmente responsabile. I disastri che ad ogni inizio autunno, uccidono in Italia decine di innocenti e che puntualmente suscitano sterili ed ipocrite dichiarazioni di questo o quel politico, hanno, non nutriamo dubbi, la stessa, forte matrice antropica.I soliti negazionisti potranno obiettare che le alluvioni ci sono sempre state in Polesine, come a Firenze e su questo (ci sia perdonata l’ironica asserzione)... non ci piove. Che gli eventi meteorologici “estremi” risultano, negli ultimi decenni, moltiplicati è, però, un assunto altrettanto incontestabile. Se, come in molti sospettano, la temperatura globale si sta alzando (duecento anni fa Tyndall lo aveva previsto), è del tutto naturale che dalle grandi superfici marine il grado di evaporazione subisca incrementi. Più vapor d’acqua si raccoglie in atmosfera, più consistenti ed intense divengono le precipitazioni.A tale causa cui si vuole ancora assegnare un polemico margine d’incertezza, se ne aggiunge un’altra molto meno discutibile. La Lunigiana prima e Genova, in rapida successione, sono state investite da nubifragi imponenti con livelli pluviometrici di 100 e più mm, concentrati in qualche ora. Una tale massa d’acqua, che raggiunge il suolo a quote collinari (200-300 metri), si trasforma in energia che, per gravità, scarica a valle una potenza dirompente, di parecchie centinaia di Megawatt.Se il terreno mantiene buone capacità drenanti, tramite appositi interventi forestali, può imbrigliare una larga parte di quel potenziale, calmierandone l’afflusso verso i naturali recipienti che corrono al mare. Se questi ultimi sono dragati con attenzione e regolarità, il loro contributo al contenimento dei fenomeni defluenti diviene attivo e concorrente. Se i siti dove costruire case sono selezionati con intelligenza e misura, le piene hanno maggior agio di correre, senza sconquassi, lontane dai centri abitati.Se, invece, come purtroppo avviene ormai da troppo tempo, i boschi vengono abbandonati all’avanzata entropica di rifiuti superficiali e sotterrati, se le piante morte non vengono rimosse e sostituite da vivificanti ripiantumazioni, se continua la poco accorta realizzazione di opere cementizie impermeabilizzanti, non di rado edificate abusivamente o a seguito di concessioni che, solo eufemisticamente definiamo permissive, al sopravvenire di piogge, insistenti e prolungate, si instaurano condizioni di canalizzazione intubata che, senza scampo, evolvono nelle tragiche conseguenze di questi giorni. Come non capire che l’orografia di questo Paese, con la grande corona alpina e la dorsale appenninica è già originariamente problematica?Come non rendersi conto che i costi delle gravi insolvenze prima elencate vanificano ampiamente i miopi vantaggi di uno sviluppo caotico anche e soprattutto in termini di vite umane?La folle corsa all’edilizia speculativa, l’erosione incosciente del territorio ignobilmente attuate da lobbies e clientele, sono conciliabili con la morte delle due bambine genovesi? Sdegnosamente rifiutiamo invocazioni fatalistiche sull’eccezionalità degli eventi, che se considerati tali, non possono diventare la norma. Ora riecheggia il ritornello del rilancio economico e della crescita. Come? Sforacchiando le montagne, innalzando cattedrali di cemento armato e costruendo sontuose ville con piscina a mezza costa a fronte d’incalcolabili prebende celate nei paradisi fiscali?Ci rifiutiamo di ammettere che non vi siano alternative a questo modello stravecchio e omicida!
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