Secondo la profezia dei Maya il 2012 dovrebbe essere un anno, si fa per dire, un po’ movimentato. Un anno in cui conta poco fare la differenza tra buoni e cattivi, tra giovani e vecchi, tra ricchi e poveri, dal momento che per tutti ci sarà un unico futuro: la fine di un’era. Per tutti ci sarà l’amaro appuntamento con il destino. Un appuntamento che un complicato calendario astrologico ha fissato per il prossimo 21 dicembre. Una data che fa arrabbiare tanti insegnanti e tanti miei colleghi. Il perché è presto detto. Primo perché nessun preside avrà la soddisfazione di vedere il rinnovo contrattuale con gli agognati riconoscimenti dei nuovi livelli economici; secondo perché dopo una dura vita lavorativa fatta di tanti sacrifici, proprio quando la situazione potrebbe migliorare, tutti saremo chiamati a fare i conti con un cataclisma che cancellerà l’esistenza degli uomini sul pianeta terra. Una vera iattura. Per gli insegnanti, poi, sarebbe un colpo basso. Sono tanti, infatti, quelli che aspettano il 2013 per avanzare di gradone e raggiungere un maggior livello retributivo. Senza parlare della pensione. Si sa, infatti, che il personale scolastico va in pensione al primo di settembre di ogni anno in concomitanza con l’avvio di un nuovo anno scolastico. Succede, però, che la liquidazione arriva dopo quattro o cinque mesi dalla data della quiescenza. L’apocalisse planetaria, quindi, prevista per il 21 dicembre, impedirà a tutti i pensionandi di godere della liquidazione. Una vera ingiustizia. E cosa dire dei tanti miei colleghi che dopo una lunga e onorata carriera si vedranno beffare il meritato riposo e la gioia di godere della nuova condizione sociale? Comunque io direi di stare tranquilli. Una speranza per tutti esiste. Vale a dire augurarsi che il tanto sbandierato funesto evento non abbia seguito. Se può servire a rasserenare gli animi è sufficiente per questo ricordare i tanti sinistri appuntamenti annunciati, ma clamorosamente sempre mancati. Tessere di un puzzle tanto difficile da ricomporre quanto arduo da interpretare. Eppure siamo ancora una volta chiamati a fare i conti con i diversi servizi giornalistici solerti nel trasmettere interviste e approfondimenti su date e avvenimenti tanto profetici quanto forieri di smentite. Uno di questi è capitato proprio nell’anno appena trascorso. Per il predicatore americano Harold Camping, un arzillo vecchietto di 89 anni, la fine del mondo sarebbe dovuta già accadere alla mezzanotte del 21 ottobre 2011, un evento che sarebbe stato preceduto dal «giudizio universale» del 21 maggio (questo numero si ripete con insistenza. Che sia un numero da giocare?) La sua convinzione parte dall’interpretazione di alcuni passi della Bibbia. Secondo l’arzillo predicatore californiano la fine del mondo sarebbe dovuta arrivare esattamente a sette mila anni dal Diluvio Universale. Un complicato calcolo matematico (che è meglio lasciar perdere) sarebbe alla base della sua nefasta profezia. Una salvezza, però, veniva concessa. A maggio coloro che avrebbero creduto a questo incubo profetico si sarebbero salvati mediante il «rapimento salvifico», ovvero sarebbero saliti (pare vivi) in Paradiso prima della catastrofe. Diversa la sorte dei non credenti. Costoro sarebbero stati lasciati sulla terra a morire con la distruzione del pianeta prevista, appunto, al 21 ottobre successivo. Ci sarebbero stati anche alcuni segnali premonitori impressionanti e catastrofici degni di un film hollywoodiano. In una conferenza stampa rilasciata ai primi di maggio, infatti, la iattura dell’indomabile predicatore toccò l’apice con una dichiarazione spaventosa: «il sole diventerà rosso come sangue, la terra si aprirà, i corpi verranno portati via e alcune persone moriranno per l’eternità». Parole che mettevano brividi e non lasciavano scampo! Ma per fortuna l’abbiamo scampata bella. Il tempo è trascorso senza danni e affanni se non quelli imposti dall’ordinaria vita quotidiana, mentre le profezie del nefasto profeta americano non si sono avverate ed evidentemente sono state rimandate, dal Padre Eterno, a «sine die». La conseguenza è stata mortificante. Il quasi nonagenario reverendo, infatti, si è dimesso da predicatore radiofonico, chiudendo la questione con: «alla fine è Dio ad avere l’ultima parola e non è obbligato a rivelare i suoi piani». Questo sì che è parlare. Ora siamo chiamati a fare i conti con il prossimo angosciante appuntamento: 21 dicembre 2012 (proprio sotto il Santo Natale. Sarebbe meglio che i comuni risparmiassero sulle luminarie). Questa volta a ricordarci il catastrofico evento è, appunto, la profezia dei Maya. Per fortuna abbiamo il tempo per organizzarci. Suggerisco, ad esempio, di presentare al buon Dio una bella petizione collettiva e puntare dritto al suo perdono. Chissà che mosso da compassione per noi poveri mortali, non ci accontenti. Si potrebbe, per esempio, cercare di convincerlo di rimandare per almeno due o tre anni (è meglio non esagerare nella richiesta) l’appuntamento con il nostro, a quanto pare, tragico destino e dare così la possibilità, a chi va in pensione a fine anno, di godere del meritato riposo, avendo, cura di darsi alla pazza gioia prima di scomparire dalla faccia della terra. Una strategia che potrebbe essere replicata ad ogni scadenza, lasciando ai nuovi colleghi la possibilità di rinnovare la richiesta e dando così a tutti la possibilità di continuare a vivere, ben conoscendo il misericordioso amore che il buon Dio nutre verso gli uomini. Così facendo la vita sulla terra continuerà ad allungarsi in modo considerevole e magari può essere anche che colui che è chiamato a organizzare l’apocalisse, preso da profonda e benevola comprensione, rinunci a eseguire le manovre del nefasto evento. Potrebbe così rivelarsi una strategia vincente. Che altro dire. Forse è meglio volgere lo sguardo verso l’Asia e attaccarci alle antiche profezie indiane secondo le quali mancano ancora migliaia di anni alla fine del mondo.Personalmente se proprio devo scegliere una profezia, scelgo quest’ultima. E comunque come ci ricorda Charles Schulz, famoso fumettista statunitense, padre di Snoopy e Charlie Brown «non ti preoccupare del fatto che il mondo possa finire oggi. E’ già domani in Australia». Incoraggiante.
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