La riforma può dare una scossa

È la quarta riforma della pubblica amministrazione abbozzata in questi anni. O le precedenti erano sbagliate, o cambiare la macchina pubblica è veramente difficile. Con queste premesse il governo Renzi, e in particolare il ministro per la Pubblica amministrazione Marianna Madia, vuole inserire in un disegno di legge delega e in un decreto legge alcune importanti novità che andranno a regime subito nel caso di decreto, più avanti se inquadrate in un disegno di legge. Ma una novità, sicura, c’è già stata: il metodo con cui è nata tale riforma. Si è saltata cioè a pie’ pari la trattativa con i sindacati di categoria, che sono stati alla fine informati delle decisioni, ma non hanno partecipato alla nascita delle stesse. Questo per volontà governativa, che ha invece fatto tesoro di quasi 40mila mail inviate da lavoratori e cittadini con suggerimenti e consigli. È cambiato un mondo, comunque si giudichi la cosa. D’altronde alcune scelte penalizzano fortemente i sindacati: i distacchi sindacali - i dipendenti cioè che svolgono ruoli sindacali ma pagati dalla pubblica amministrazione - vengono dimezzati. Senza grandi contrasti: era un diritto usato con manica larghissima, un giro di vite ci voleva. E un altro taglio riguarda la possibilità di “trattenere in servizio” dipendenti oltre l’età pensionabile. Pratica assai usata da magistrati e professori universitari: lavori prestigiosi e ben remunerati. Mentre è finita nel cassetto la possibilità di prepensionamenti di chi è vicino alla quiescenza. Si è scelta invece la strada del part time al 50% nei 5 anni precedenti alla pensione, con l’agevolazione di avere pagati i contributi come ci fosse stipendio pieno. Questo per il personale non dirigente, ma si spera che il part time venga molto più utilizzato in una pubblica amministrazione che finora lo ha quasi sempre ostacolato: andrebbe incontro alle esigenze familiari di molti, permetterebbe di dare possibilità di lavoro a molti altri. Non è un caso che il progetto di estendere forme diverse di lavoro (telelavoro, co-working…) sia finito nel disegno di legge: ci sarà così il tempo per affossarlo. Mentre entra subito in vigore uno dei punti più caldi della riforma: la possibilità di trasferire dipendenti da un’amministrazione all’altra. Da Siracusa a Bolzano? No, il cerchio dovrebbe essere molto più stretto, forse una cinquantina di chilometri.E poi i tagli: agli stipendi dei dirigenti (niente premi di produzione faraonici o auto-determinati); alle spese di ciascuna amministrazione (meno 1% all’anno, per cinque anni, rispetto a quelle del 2013); a certe amministrazioni (accorpamento polizie, riduzione Authority). Ma il meglio sta nel disegno di legge: norme per la valutazione del rendimento degli uffici, con maggiore efficacia per quelli a contatto con i cittadini e un sistema di incentivazioni predeterminato; la possibilità di assumere nuovo personale non secondo rigidi criteri matematici (uno ogni quattro pensionati), ma in base alle risorse disponibili (quindi anche più di uno: si valutano le esigenze, non le “piante organiche”).Qui sta il cuore del tutto, quello che normalmente subisce un infarto una volta approvata una delle tante riforme della PA. Ma questa volta, se collassa, non muore la riforma, ma la pubblica amministrazione italiana, che si trova davanti ad un bivio: svoltare per diventare un motore propulsivo del Paese, o rimanere quel fardello incamminato sul viale del tramonto. Se tutto rimarrà come prima, la prossima volta non ci sarà una riforma ma una rivoluzione, uno tsunami: e lo sanno tutti.Infatti ciò che è veramente importante è la qualità del lavoro che uscirà dagli uffici pubblici, che devono essere messi nelle condizioni di lavorare al meglio, a cominciare da sistemi informatici un po’ più sofisticati del tablet di vostro nipote. E sarà fondamentale inserire nuove leve capaci e competenti. Perché per troppi decenni, “lavorare nel pubblico” è stata una scelta per chi non aveva altra scelta, o per chi s’accontentava di uno stipendio modesto, in cambio della stabilità e del (poco) lavoro. Considerato che le retribuzioni sono inchiodate da almeno cinque anni, e che la stabilità sta per essere smantellata ovunque, chi sarà assunto dovrà essere bravo e premiato se meritevole. Banale, ma lunare fino ad oggi in troppi uffici.

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