Non porta buone notizie e lo si capisce fin dalle prime battute e dal volto serio e tirato. Olli Rehn, commissario Ue per gli affari monetari, scende nella sala stampa di Bruxelles per annunciare che una debole ripresa economica si comincerà a registrare solo a partire dal 2014, anche se il quadro generale “va lievemente migliorando sia a livello mondiale che europeo”. La crisi, dunque, non è alle spalle. Così la presentazione delle Previsioni economiche di primavera, documento-cardine della governance Ue che sta progressivamente prendendo piede a livello comunitario, diventa l’occasione per ricordare gli impegni di ciascun Paese - aderente all’Eurozona o meno - per il “consolidamento” dei conti pubblici e le “necessarie riforme”, così da creare le premesse per la ripresa produttiva e occupazionale. Quadro problematico. Il commissario finlandese non lascia margini di dubbio: “Quest’anno la crescita del Pil dovrebbe attestarsi a -0,1 nell’Ue e -0,4 nell’area dell’euro”. Dunque segno negativo. “Per il 2014 si prevede che l’attività economica cresca dell’1,4% nell’Unione e dell’1,2% nell’area dell’euro”. “L’inflazione continuerà a diminuire - prosegue Rehn -, mentre non si individuano ribaltamenti di tendenza per quanto riguarda l’occupazione”: nel corso dei prossimi mesi i disoccupati dell’area euro arriveranno al 12,2%, con “livelli insopportabili in Grecia e Spagna” e percentuali elevatissime di senza impiego fra i giovani. “Un aumento contenuto dell’occupazione si potrà verificare solamente nel prossimo anno”. La Commissione registra però “qualche segnale di miglioramento nei mercati finanziari, benché il credito alle imprese” rimanga un ostacolo per la ripresa del sistema produttivo. Sui conti nazionali si evidenzia ancora un ritocco in su del debito pubblico che nell’Eurozona arriverà a toccare l’anno prossimo il 96% sul Pil, “30 punti in più rispetto alla situazione pre-crisi”. Qualche elemento positivo deriva dal fatto che l’economia statunitense dà segni di vitalità (Pil all’1,9% quest’anno e al 2,6 nel 2014), lo stesso dicasi per il Giappone, la Cina e le economie emergenti in Asia. Procedono con ritmi positivi, ma più blandi, l’area latino-americana e la Russia. “Potremmo quindi avere vantaggi dalla domanda esterna”, che sostiene le esportazioni, mentre la domanda interna resta debole, segnata da cinque anni di crisi.Italia, Francia, Spagna… Nelle Previsioni economiche illustrate da Rehn figurano “notevoli scostamenti” tra i diversi Paesi. Mentre alcune economie sono in progressione, riducendo persino i livelli di disoccupazione (su tutte Germania e Austria), altre “hanno imboccato la strada giusta”, con riforme resesi necessarie per ridurre i disavanzi pubblici, come sta avvenendo in Lettonia, Romania e Lituania. La situazione della Francia e della Spagna richiede invece una proroga di due anni per rientrare sotto il livello del 3% con il deficit. “Per quanto riguarda l’Italia - afferma Rehn - il disavanzo è stato ridotto dal 3,8% del 2011 al 3% del 2012, per arrivare al 2,9% al termine di quest’anno, e ciò potrà agevolare la chiusura della procedura di infrazione per deficit eccessivo”. Il debito italiano resta invece su livelli preoccupanti, generando costi ulteriori (interessi) che minano la ripresa. Inoltre il sistema economico tricolore ha un problema generale di competitività: Rehn infatti afferma che “per l’Italia è necessario ripristinare la competitività economica per creare lavoro e per ridurre al contempo la pressione sulle finanze pubbliche”. L’invito della Commissione al nuovo governo Letta è quello di proseguire sulla strada degli impegni assunti e delle riforme avviate dall’esecutivo guidato da Mario Monti.La Germania cresce. Le Previsioni sono, chiarisce lo stesso Rehn, uno strumento per fare il punto della situazione sui programmi di stabilità e convergenza trasmessi a Bruxelles e attuati dai singoli Stati aderenti. Sulla base di questi, il 29 maggio la Commissione rivolgerà specifiche “raccomandazioni” sulle politiche economiche e di bilancio di ogni Stato. Il vice presidente della Commissione insiste poi sugli evidenti scostamenti tra i risultati di ogni Paese, quasi a ricordare che, pur considerando i diversi livelli di partenza (apparato produttivo, costo del lavoro ed energetico, mix import-export, fiscalità, conti dello Stato…), non è impossibile imboccare la via della ripresa. Se ad esempio si confrontano i dati sul Pil, si nota come questo cresca nel 2013 oltre il 3% nei Paesi baltici, ma evidenzia segni positivi anche per Germania, Austria, Slovacchia, Regno Unito, Polonia e Svezia; segno negativo, invece, per Spagna, Italia, Francia, Portogallo e Grecia. Allo stesso modo i numeri sull’occupazione sono più che confortanti in Austria, Germania, Paesi Bassi, Danimarca; sul versante opposto si collocano nazioni in cui la disoccupazione minaccia persino l’ordine sociale: Grecia, Spagna, Italia, Portogallo, Slovacchia, Bulgaria. Riguardo i conti statali, sul futuro di alcuni Paesi grava un debito pubblico “soffocante”: è il caso di Grecia (175% sul Pil), Italia (oltre il 131%), Irlanda e Portogallo (attorno al 120%), seguiti da Cipro e Belgio.
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