Il buio che avvolge la croce innalzata sul Golgota è il segno fisico di una notte ben più fonda, la notte tenebrosa del mondo, la notte oscura del cuore dell’uomo privato del suo sole, che è il Figlio di Dio. Anche gli elementi della natura – dicono i Vangeli – segnalano misteriosamente e tragicamente che la luce del mondo è venuta meno, sopraffatta dalle latebre del male.Mentre Cristo esala l’ultimo alito di vita tutto sprofonda nella notte dell’annientamento e del non senso, del fallimento e dell’angoscia mortale: è una notte che ha valenze psicologiche, morali e spirituali, e assale l’animo umano nella sua interezza, proprio come il buio, che penetra, pervade e avvolge ogni cosa fin nelle fibre più intime.E il cuore, sorpreso dalla tenebra, rimane lì, spogliato e impaurito, come quello dei discepoli presso la croce, scarnificati da un dolore e da una delusione troppo grandi, purificati nelle loro attese più alte.Anche il ritmo liturgico del Triduo Santo scandisce questo passaggio di desolazione totale: si abbassano le luci nelle nostre chiese, si spogliano gli altari; addobbi, fiori, paramenti vengono rimossi; si spegne il canto sacro in un’ultima lamentazione. Il mistero della morte del Signore incombe sovrano.E il chiarore lunare che si espande su uomini e cose nelle serate del Triduo è – di nuovo – il simbolo cosmico della speranza, che tiene viva la fede nei cuori. Di solito splende la luna piena nelle notti del giovedì, del venerdì e del sabato pasquali, elemento naturale che fa presagire il mistero della speranza cristiana, il mistero della fede umile e tenace di Maria ritta ai piedi del Crocifisso; e della Chiesa, sposa fedele che veglia nella notte dell’umanità e tiene viva la speranza del mondo.Il venerdì santo è buio fitto: rimane solo il pallido ma pervasivo chiarore della luna che effonde pace e infonde muta confidenza. Il chiaro di luna, mite e tenue luce, non inghiottisce le cose, ma fa invece risaltare il loro aspetto notturno. Ogni durezza, angolosità e tagliente spigolosità delle cose risulta smussata e addolcita; si rivelano le linee essenziali che nella luce chiara del giorno non si riescono mai a cogliere.Nel dolore più grande la speranza è ancora viva e con essa è rinfocolata una fede più pura, perché purificata e radicata nell’essenziale; una fede che vede meglio e oltre, che rifugge ogni durezza e asprezza, in una visione sapiente delle cose che è balsamo di consolazione.La notte del Venerdì Santo è la cifra esplicativa delle nostre notti. Quando il buio, la sofferenza nuda e cruda, la paura, la desolazione intridono spirito, anima e corpo ..., rimane il soffuso riflesso della luna, che nel cuore riluce un bagliore di speranza, una rugiada di consolazione. Luna che, come insegnano i Padri, è figura della Vergine Maria, luna che è figura della Chiesa Santa di Dio, luna che è figura di ogni anima credente e orante, luna che assicura che siamo “molto vicini al sorger dell’aurora”.Il nostro sole, Cristo, per un po’ ci è tolto, ma la luna ci garantisce che tornerà a splendere e vincerà sulla tenebra, su tutte le notti dell’umanità.Cristo Gesù, proprio nel buio supremo del Venerdì di passione e morte, si è rivelato come modello inarrivabile di abbandono confidente al Padre. Mentre sperimentava il grido della lontananza e dell’abbandono del Padre “Mio Dio, Mio Dio, perché mi hai abbandonato?”, pronunciava anche l’atto di abbandono radicale in Lui: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”.Nell’abbandono più desolante che Gesù avesse sperimentato nella sua vita e proprio mentre ne era oppresso, Egli compì l’opera più meravigliosa di quante ne avesse compiute durante tutta l’esistenza terrena: ha riconciliato e unito a Dio, per grazia, tutto il genere umano. O notte feconda del Figlio di Dio, che ci ha guadagnato la comunione con il Padre! O notti purificatrici dell’uomo, dense di redenzione!All’apparente abbandono (vissuto nella sua cruda realtà) da parte di Dio Padre, Gesù risponde con un “di più” di abbandono: si consegna alle mani di Lui, rimette nel Padre la sua totale fiducia.Ecco nel Cristo Crocifisso e Abbandonato l’esempio di una consegna di sé radicale, in qualche modo uno “sforzo senza sforzo”: una distensione, un rilassamento della volontà, un lasciarsi andare pacificati tra braccia amorose.Tale è l’abbandono confidente - di cui parla la Scrittura - nel quale sta la nostra fortezza, pur nella fragilità estrema dell’ora delle tenebre. La notte del Venerdì Santo è luogo teologico e antropologico dello spirito di abbandono in Dio.
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