Finanziaria, a governare è

l’indecisione

Un “differenziale di percezione”. Così è stato definito l’atteggiamento che ha sfoderato il Governo e la maggioranza nell’affrontare la crisi finanziaria che minaccia di far crollare la nostra economia. Cioè: siamo sull’orlo di un baratro, ma c’è chi affronta la questione come fosse un intemperie stagionale, qualcosa che passa e andrà e tutto tornerà come prima.Non c’è altra ragione per spiegare il modo in cui si è approntata una “manovra” nei nostri conti pubblici che è stata un preclaro esempio di indecisionismo e, soprattutto, pressappochismo. L’indecisionismo non è un difetto, se serve poi a rivedere scelte non oculate o addirittura dannose. E nel corso di queste settimane gli esempi non sono certo mancati, creando ancora più danni di quelli che s’intendeva rimediare.Tassazioni aggiuntive proposte, quindi ritirate e poi limitate ai soli dipendenti pubblici, che hanno visto nel frattempo ballare la loro tredicesima, la liquidazione, la posizione pensionistica; Province e Comuni soppressi e infine salvati; tagli alla politica promessi e in definitiva cancellati; innalzamenti dell’Iva ventilati ma tenuti “di riserva”; tagli dei trasferimenti agli enti locali poi ritirati...Emblematico il caso del riscatto previdenziale degli anni di laurea: una prima decisione di non considerarli validi ai fini dell’età pensionabile è stata cassata nel giro di due giorni, anche perché è lo stesso Stato italiano che da anni sta cercando di convincere i cittadini ad investire nel proprio futuro previdenziale. Salvo poi rimangiarsi in poche ore proprio quello che ha sostenuto per lungo tempo. L’aver fatto infine marcia indietro non restituirà quella fiducia nel far onerose scelte di lungo periodo, nella convinzione che lo Stato le onorerà. Insomma nessun vantaggio, grandi danni.Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, autore dell’impianto iniziale della manovra poi più e più volte emendata da Governo e Parlamento, si è difeso adducendo la fretta (quattro giorni) con cui è stata approntata. Ed è proprio qui che nasce quel differenziale di percezione di cui sopra. Mentre il Titanic-Italia puntava dritto verso l’iceberg di un debito pubblico che l’economia mondiale ritiene – a torto o a ragione – enorme e fuori controllo, qui si è negata addirittura l’esistenza del problema, continuando a suonare il motivetto dell’“a noi non può succedere”. L’incredibile è che il presidente del Consiglio, pochi giorni prima di decidere misure che incideranno in varia misura per molte decine di miliardi di euro, riproponeva come linea-guida di governo un deciso taglio della tassazione! L’arlecchinata di una successiva manovra che si basa (ad oggi ma domani chissà) sostanzialmente su una “decisa lotta all’evasione” mai riuscita finora, che darà frutti nel tempo e i cui frutti non sono comunque quantificabili ora, ha definitivamente convinto gli investitori che il Titanic sia fuori controllo. Finora ci ha salvato la Banca Centrale Europea acquistando indirettamente decine di miliardi di euro di titoli di Stato italiani per calmierare la loro quotazione, e la nostra capacità di emetterne di nuovi a tassi non impossibili. Ma la Bce, e soprattutto la Germania, ci hanno fatto chiaramente capire che le cure palliative stanno esaurendosi, che il malato-Italia ora deve cavarsela da solo. Quindi nei prossimi giorni il paracadute europeo sarà tolto ai nostri Bot e Btp, che rimarranno in balia di un mercato decisamente propenso a liberarsene, e quindi a venderli per non finire invischiato nel rischio-Italia. Attenzione: Btp all’8% vogliono dire finanziamenti bancari alle aziende a tassi paragonabili. Questo non significa la mancata ripresa economica: significherebbe letteralmente una recessione immediata e pesantissima.Il differenziale di percezione, il dilettantismo cioè con cui si sta affrontando una grave emergenza, è reso ancor più doloroso dal confrontare il nostro andazzo con le scelte fatte nella vicina Spagna, che ha un debito pubblico che è la metà del nostro, ma un’economia più fragile nella capacità di onorarlo. Lì il premier Zapatero si è dimesso seduta stante, ha convocato elezioni anticipate per novembre, quindi ha concordato con l’opposizione una serie di misure tra le quali spicca l’inserimento in Costituzione del vincolo del pareggio di bilancio. D’ora in poi in Spagna si darà priorità al rimborso del debito: verrà prima del pagamento degli stipendi pubblici e dei fornitori della pubblica amministrazione. Poche parole che esprimono una scelta politica chiara, e rassicurante per chi compra titoli di quel debito pubblico. Avremmo potuto farlo anche noi; abbiamo preferito giocare con le roboanti dichiarazioni pubbliche poi smorzate da pronte ritirate o da opportuni emendamenti parlamentari, confidando nel fatto che – in giro per il mondo – ci siano analisti finanziari e investitori facili da convincere e tranquillizzare con qualche titolone di giornale. Convinzione fallace: la nostra credibilità è assai inferiore oggi rispetto all’inizio della crisi, a luglio. L’orchestrina dovrà necessariamente cambiare musica, prima che l’iceberg travolga l’orchestrina e l’intera nave su cui suona.

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