Eurolandia, rimettersi in corsa

Due appuntamenti di snodo si profilano per un dibattito politico in cui, come d’abitudine, le intemperanze non mancano, ma non incidono sulla sostanza delle cose. Sul piano sistemico l’evoluzione di Eurolandia vedrà il primo passaggio con la pronuncia della Corte costituzionale tedesca. Anche se sarà solo una tappa nella definizione – al di là delle vicende della crisi economica e finanziaria – di un rinnovato profilo istituzionale per l’Unione e comunque per quel gruppo di Paesi che hanno scelto la moneta unica, che non si può più evitare.

Di fronte a questa sfida, che veramente ha portata storica, le questioni interne assumono una prospettiva in parte nuova. Non che siano drasticamente ridimensionate come di semplice rilievo provinciale. Ma si devono misurare appunto in un quadro più ampio. Insomma, i problemi istituzionali e dunque di attuazione delle politiche pubbliche con i quali in Italia ci si sta misurando non appaiono meno importanti se visti nell’ottica dell’Unione europea. Appaiono semmai più stringenti, perché istituzioni che funzionano diventano decisive nel confronto intra-europeo che ormai si è già aperto.

Ecco allora le scadenze italiane, a partire dalla nuova legge elettorale. Nel gioco di specchi che si trascina ormai dall’inizio dell’anno sembra che si cominci ad intravedere una soluzione, necessariamente “mista”. L’attuale configurazione del mercato politico, in cui non sembrano esistere, nonostante quasi due decenni di maggioritario e di bipolarismo, partiti che possano ambire a raccogliere neppure un terzo dell’elettorato, induce tutti alla prudenza.

Anche perché, al di là delle propagande e delle parole d’ordine radicalizzate che possono raccogliere la protesta, che oggi vale circa un terzo di elettorato potenziale, le cose che si possono e si debbono fare sono poche e chiare.

Le ha provate a mettere in fila il governo nella prima riunione dopo la brevissima pausa ferragostana. Il consiglio dei ministri ha varato una lunga serie di ipotesi di intervento. Ma soprattutto ha chiarito alcune cose che dorrebbero restare bene impresse nel sistema della comunicazione e nel dibattito politico.

La prima è che il cosiddetto “effetto annuncio” sortisce ormai effetti opposti. La seconda è che, ancora più importante delle decisioni legislative, è l’applicazione amministrativa che conta. Dunque occorre lavorare e lavorare alacremente sui cosiddetti dettagli, perché solo il medio tempo paga. Rimettere in corsa il sistema – Paese comporta un’accorta regia amministrativa, un governo che funzioni soprattutto nella quotidianità.

Se la restante parte della legislatura fosse dedicata anche solo a quest’opera apparentemente oscura, ma decisiva, questo governo avrebbe reso un servizio insostituibile all’Italia.

Facendo sì che i sacrifici che tutti facciamo – e che potrebbero essere sempre meglio ripartiti – siano veramente produttivi e diventino quell’investimento di rete che solo può permettere di creare condizioni strutturali di ripartenza.

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