I recenti fatti di Roma mettono in evidenza una volta di più se e come si possa resistere ai tempi che cambiano, e che minacciano il nostro lavoro, la nostra esistenza. Questa volta la capacità dei tassisti romani di scatenare la bagarre (senza trovare grande resistenza, va detto) ha avuto la meglio. Per ora. La minaccia è data da Uber, da quelle applicazioni via smartphone che li aggirano, che ne minano il monopolio del trasporto pubblico con auto grazie al fatto che si possa contattare seduta stante qualcuno che faccia il tuo tragitto, a costi competitivi.Ma la realtà racconta di centinaia di situazioni simili, ora come allora. Anche l’avvento delle auto mandò in soffitta vetturini e carrettieri. Creando però autisti e appunto taxisti. Oggi i bancomat e l’internet banking stanno cancellando filiali e bancari; le polizze via internet mettono in crisi gli agenti assicurativi; gli aerei low cost zavorrano le compagnie “di bandiera”; gli automatismi nel controllo merci cancellano i marinai e gli scaricatori di porto, e via andare.Ben altro è alle porte. La guida autonoma (automezzi che si muovono guidati da computer e telecamere) si rifletterà sulla vita appunto di taxisti, camionisti, autisti, piloti; le vendite via internet stanno scarnificando quelle fatte attraverso i negozi (internet non ha orari di apertura, pause, diritti sindacali…): basti pensare alla banale innovazione della spesa fatta con uno scanner azionato dal consumatore stesso. Le cassiere? Sempre di meno. E parliamo di quei supermercati che distrussero il piccolo commercio al dettaglio, negli anni scorsi: droghieri, macellai, giornalai, fruttivendoli, venditori di elettrodomestici…Ma sono solo alcuni esempi, la realtà è molto più articolata (si acquistano biglietti aerei e ferroviari via internet, accessi ai musei; si prenotano viaggi e ristoranti; ci si informa guardando un telefono o un tablet; la comunicazione postale già da tempo è finita in soffitta portando con sé molti postini; si prenotano prestazioni sanitarie ai Cup; si fanno foto in digitale e la Kodak chiuse i battenti nel giro di due anni…). Insomma, in poco tempo le cose sono enormemente cambiate e non sembra che la rivoluzione sia alla fine.Con essa bisogna convivere, anche perché non si riesce in alcun modo a fermarla. Nessuna legge riesce a bloccare un’innovazione tecnologica; nessuna corporazione riesce a difendersi dalle cose fatte di nascosto (si dice che un affitto turistico su due a Venezia sia in “nero”), dalle eccezioni che poi faranno regola, dalle furbizie che scardinano i tentativi di regolamentazione. Da nuove innovazioni che trasformano in vecchio il bianco e nero, il cinema muto in sonoro.Quindi non si può fare nulla? Quindi si può e si deve fare quel che si può. Ma non illudersi che la diga reggerà solo con il sostegno delle nostre mani; meglio pensare al dopo, a come riemergere dall’acqua o addirittura a come sfruttarla. Va così, ci piaccia o meno.
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