Disastro d’autunno. Sembra il titolo di un film appena uscito dagli studi della Paramount ed è invece la sfortunata sorte del martoriato capoluogo ligure.Puntuale, micidiale, catastrofico, il disastro d’autunno lascia ancor più profondo il suo lugubre segno su Genova e sulla ridente riviera.Cancelliamo una volta per tutte gli aggettivi, ormai impropri, solitamente usati in analoghe circostanze: eccezionale, estremo, inatteso, inconsueto. Il nubifragio che, per l’ennesima volta, ha aggredito la città della Lanterna è, ormai, normale, atteso e, perfino cronologicamente, prevedibile. Perfettamente note e incontrovertibili, inoltre, le due cause di origine antropica che, in sinergia con quelle naturali, determinano simili eventi in tutta la loro drammatica, violenta realtà. La prima, sovranazionale, ottusamente osteggiata dai “negazionisti” in malafede, è quella, ormai arcinota, del riscaldamento globale, ovvero l’innalzamento della temperatura media a livello planetario, provocato dall’effetto serra. Non sono necessarie conoscenze specialistiche di termodinamica ( lo abbiamo già, in più occasioni, ricordato) per comprendere un concetto così elementare: la superficie del mare, investita da una maggior quantità di calore, rilascia in atmosfera una maggior quantità di vapore che, trasportata dalle correnti aeree prevalenti, va a scaricarsi contro le barriere orografiche sul proprio cammino incontrate.La seconda, nazionale, ancor più grave, è ascrivibile alla miope cupidigia di una policroma congrega priva di scrupoli che ha continuato ad erigere ostacoli cementizi contro il newtoniano deflusso delle acque, già di per se problematico.L’effetto combinato è sotto gli attoniti occhi dei genovesi costretti a recuperare pale e stivali ancora umidi per il recente utilizzo, che, tradotto in cifre, vale 200 milioni di Euro, cui debbono aggiungersi altre spese da quantificare, non ultima quella del mancato introito di Tasi, Imu, Tari, già disposto dall’amministrazione comunale.Da più parti si è osservato che è assurdo spendere tanti soldi in emergenza. Una prevenzione intelligente, concertata, avrebbe prodotto effetti risanatori di efficace, duraturo contenimento e a costi di gran lunga inferiori.Si innesca inevitabilmente ( che novità!) la giostra per la ricerca delle responsabilità e dei colpevoli, che in ultima analisi si trasforma nel grottesco giochino dello scaricabarile, di cui deteniamo, a livello mondiale, cattedre universitarie. Il Ministro di turno dichiara che lo stanziamento, da più anni predisposto, non è stato utilizzato; gli ingegneri degli uffici tecnici mostrano dettagliati progetti di scolmatori ed opere accessorie, rimasti sulla carta; politici ed amministratori locali lamentano inceppamenti procedurali nelle gare d’appalto; alcuni impresari,dichiarandosi gabbati, agitano sotto il naso di chi insegue vanamente la verità, i documenti dei ricorsi, inoltrati contro vere o supposte irregolarità.Ma come nelle giostre della sagra di paese, dove, tra l’odor di frittelle, il triciclo, insegue il cavalluccio, che a sua volta, annaspa dietro il coccodrillo proteso all’impossibile aggancio dell’automobilina, enti e personaggi di questa vicenda, ben altro che festaiola, non si raggiungono mai ed il carosello delle accuse e delle scuse procede, rallenta ed infine si ferma, in attesa della prossima “cella temporalesca” (sinonimo di bomba d’acqua! )Però, però, però..., con uno sforzo titanico di fantastica creatività, qualcuno riesce a trovare un capro espiatorio: la burocrazia.“Chi è? Ditemi dov’è ,che vado subito a fargli una visitina” urla il commerciante intento a liberare dal fango il suo esercizio in Salita della Noce.Ce lo chiediamo anche noi: cos’è la burocrazia? Non dovrebbe essere quell’apparato organico, sapientemente gestito, capace di ottimizzare il funzionamento della macchina statale e delle sue emanazioni periferiche?E se essa viene, invece, individuata come responsabile di uno dei più gravi malanni del Paese, cosa ci sta a fare?Ecco che il suddetto conteggio dei danni appare paurosamente sottostimato. Senza contare i morti, ai costi vivi dei palazzi sventrati, delle infrastrutture distrutte, dei mucchi di automobili accatastati negli angoli, delle merci trasformate in ingombrante spazzatura da smaltire insieme ai detriti, si aggiunge il costo elevatissimo di una burocrazia non solo inefficiente, ma anche e soprattutto, dannosa.Esimendoci ancora una volta da superflui commenti, ci viene voglia di concludere con la parola inglese, ripetutamente ricordata in occasioni simili, che un caro amico, in giovane età emigrato nel Nuovo Mondo, pronunciava al secondo giorno dei suoi periodici rientri italiani : “ hopeless”, di cui forniamo, a beneficio del nostro parrucchiere che spesso ci accusa di essere incomprensibili, la traduzione: senza speranza.
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