Tra le molte cose messe sotto torchio nella nostra società sembrava, fino a ieri, che almeno la famiglia, ed in particolare quella cosiddetta “tradizionale”, si salvasse, nonostante i suoi alti e bassi tipici di ogni profonda relazione. Coloro che hanno scritto la Costituzione Italiana l’hanno definita: “società naturale, fondata sul matrimonio” e credo che nessuno degli estensori immaginasse che a distanza di settant’anni questi tre sostantivi: famiglia,natura e matrimonio, avesse perso il loro significato. Invece pare che oggi non si trovino nemmeno le motivazioni che assegnano ad essi il loro contenuto legittimo, in gran parte ancora condiviso. Termini svuotati di senso? E’ cambiata la cultura, si dice, dissolvendo anche tutte le certezze del passato. Alcuni oggi infatti credono che non ha più senso ha parlare di famiglia, di matrimonio, di natura, di cosa significhi essere padre o madre! Tutto viene messo in demolizione: ogni cosa sembra aver perso di sostanza così che, se oggi la società non si riconosce più in nulla, si legifera sul nulla, sul nonsenso, per assicurare a ciascuno il diritto di avere garantito il proprio libero pensiero.La famiglia soprattutto ne sta facendo le spese: quella che i detrattori chiamano riduttivamente “tradizionale”, cioè quella fondata sull’amore tra un uomo, una donna e che, proprio in forza di questo amore, crea una “società” aperta a nuove generazioni; magari, per renderla minimamente stabile ricorre a vincolarla di fronte alla società ed eventualmente anche alla Chiesa. Fino a ieri tutto ciò si chiamava matrimonio.Anche se per molti tale istituto sembra superato, nel nostro Paese c’è ancora tanta gente che non la pensa così, e continua a costruire e a sostenere questa “piccola società” che, guarda caso, è proprio quella che funge da spina dorsale nella nazione E’ generalmente riconosciuto che ancora oggi la famiglia costituisce la prima ricchezza del Paese e supplisce ad un’economia che fa acqua da ogni parte. Molte risposte a bisogni concreti vengono proprio dalla famiglia, che è costretta a chiudere i buchi di un tessuto sociale logoro da decenni. Se è pur giusto riconoscere diritti civili a quanti decidono di mettersi insieme per la vita, sembra proprio fuori luogo equiparare qualsiasi unione alla famiglia. E che dire della stepchild adoption, rinviata solo per un momento? Uscita dalla porta, entrerà pacificamente dalla finestra, con un rinnovato inno alla vittoria dell’amore! Ma in un Paese democratico, se una maggioranza raffazzonata legifera su tematiche così scottanti, non sarebbe più saggio sentire, con qualche strumento adatto, come la pensa la maggioranza dei cittadini? Forse la richiesta è esagerata! Altra cosa poi è il diritto ad avere il figlio a tutti i costi, come sembra essere il portato di questa nuova cultura; in verità non risulta che tale diritto sia sancito da alcuna carta, proprio perché il figlio è persona diversa da chi lo “pretende” ad ogni costo; infatti è soltanto il bambino il detentore di diritti sulla propria vita, già dal concepimento, solo lui e non chi combina ovuli e gameti per estrarre dal cappello una nuova vita.Proprio qui, invece, sembra che si scateni la fantasia più sregolata, che sarebbe invece da riportare a ragione, poiché non tutto ciò che uno vuole è possibile concedergli, quindi non ha senso campare diritti inesistenti.Forse i miei sono criteri culturali obsoleti, superati dal nuovo modo di giocarsi l’esistenza; mi sia lecito tuttavia domandarmi chi sono oggi coloro che determinano la nuova cultura. Sono i colti di studio, i politici, gli economisti, i vips del momento, oppure i milioni di persone di buon senso che tirano la carretta tutti i giorni per dare significato alla propria vita e a quella delle nuove generazioni, oppure la nuova cultura è quella che ci offre la televisione con i suoi modelli, oppure ancora quella di tecnologie d’avanguardia? Ci sarebbe da domandarsi anche cosa s’intende per cultura, in questa nostra civiltà occidentale definita “liquida”. Nel dubbio io oso consigliare almeno a quanti scelgono la famiglia “tradizionale” di rafforzarla e di tradurla in tangibili scelte di vita che parlino da sole, anche quando esse costano sacrificio, per testimoniarne i valori intrinseci che aiutano i suoi componenti a realizzare un’esperienza esistenziale “probabilmente” più serena; ciò andrebbe senza dubbio a beneficio dell’intera società, nuove generazioni comprese. E auspicherei che i politici pensassero a sostenerla, assicurandole provvidenze essenziali inderogabili, che vengono invece rinviate, sistematicamente.
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