Nel corso dei millenni le primordiali forme di vita si sono straordinariamente trasformate e diversificate. Le molecole semplici, misteriosamente apparse tre miliardi e mezzo di anni fa, si sono riunite nelle molteplici strutture biochimiche odierne, cui altre si aggiungeranno nei secoli. Anche la filosofia, le conoscenze scientifiche, le conseguenti innovazioni tecnologiche, sopravanzando la volontà dei singoli, hanno fatto registrare innumerevoli processi evolutivi inarrestabili, al pari di quelli governati dalla natura.La fantasia dei cineasti ha spesso inventato trasposizioni temporali, proiettando fatti ed uomini contemporanei nel passato più o meno remoto. Le trilogie di “Ritorno al futuro” e di “Jurassic park”debbono il loro successo a questo tema, apparentemente affascinante, ed al loro comune, lieto epilogo, in cui i protagonisti sono invariabilmente impegnati nell’affannoso, precipitoso, provvidenziale ed, infine, felice riguadagno del proprio presente.Impadroniamoci per un istante dell’idea per imbastire qualche sovrapponibile scenografia.Provate a stimare le reazioni dei vostri figli, dei vostri nipoti o di voi stessi, improvvisamente costretti a tirar fuori dalla gabbietta il piccione per mandare un messaggio al compagno di banco, ad un amico, ad un parente. Ammesso deteniate in casa il volatile, come pensate di accertare l’avvenuta ricezione? Il “messo” potrebbe incontrare durante il tragitto una “colombella”, ben capace di distrarlo, con buona pace della puntualità, della consegna, ma anche della risposta! Potrebbe inoltre accadere che il destinatario, avendo la necessità di preparare un brodino per un anziano ammalato, non si facesse scrupolo di trasferire in pentola pennuto e”pizzino”. A seguire, con modalità giocosamente analoghe, immaginate di proporre ai vostri congiunti un virtuale trasferimento nella Londra previttoriana o nella Parigi di di Napoleone I. Bazalgette e Hausmann, i principali responsabili nella costruzione delle rispettive reti fognarie non sono ancora nati e nelle due massime metropoli europee le uniche cloache sono il Tamigi e la Senna, entrambi ormai privi di forme vitali, dentro cui confluiscono i canali di scolo che attraversano,in lungo e in largo e a cielo aperto, entrambe le città. A parte il fetore nauseabondo, le strade sono costellate di pubblici orinatoi e battute da frotte di “ratti norvegesi” e di monatti di manzoniana memoria, in alacre affanno nel raccogliere in fosse comuni le migliaia di vittime delle epidemie di peste e colera. I soggiorni in quei luoghi, oggi oggetto di gradevolissime vacanze, si trasformerebbero, perciò, in veri e propri incubi da concludere con la massima urgenza, tralasciando, senza rimpianti, la visita a Saint Peter Church o a Notre Dame. Ed ancora, valutate la depressione cui andrebbe incontro una scolaretta di quarta elementare che si ritrovasse tra le mani un abaco per i suoi calcoli, osservando le sue compagne estrarre dagli zaini calcolatrici scientifiche, Smart Phone e tablets. Potremmo dilungarci ad illustrare altri viaggi a ritroso per ribadire quanto affermato in premessa, circa la reale ineluttabilità dei cambiamenti imposti dal trascorrere degli anni. Ciò nonostante e paradossalmente c’è chi continua con cocciutaggine ad aggrapparsi a quel che è irrecuperabilmente accaduto, ignorando l’affermazione di Eraclito sul “tutto che scorre e sul nulla che permane”. Non occorre un grande sforzo intuitivo per comprendere dove stiamo andando a parare.Nessuno può ignorare che il movimento sindacale abbia avuto il merito di ridurre le ingiustizie che appena un secolo fa venivano consumate nel rapporto tra imprenditori e prestatori d’opera. Nomi come quelli di Giuseppe Di Vittorio, Accursio Miraglia, Pio Galli, Luciano Lama rimangono nella memoria di ciascuno di noi per la limpidezza delle loro convinzioni e per la cristallina, disinteressata, fedeltà alla loro missione. Il contesto dentro il quale, però, costoro conducevano le loro sensate battaglie, mirabilmente tradotto in immagine da Pelizza da Volpedo nel suo celebre dipinto, non esiste più, al pari dei piccioni viaggiatori, dei vespasiani e dei pallottolieri. Pretendere l’osservanza dello Statuto dei Lavoratori, concepito quasi mezzo secolo fa, appare allo stato attuale, anacronistico se non donchisciottesco. Nell’epoca in cui quel documento vedeva la luce era più che opportuno reclamare tutele come le ferie e la maternità retribuita. Oggi, con il mondo intero investito da una crisi profonda e persistente, con le imprese a corto di commesse, con la deflazione e la contrazione dei consumi, con la disoccupazione dei trentenni ai picchi storici, con la concorrenza dei Paesi emergenti, la difesa del lavoro che non c’è più, appare surreale (qualcuno ha usato questo termine di recente?), specie se condotta con criteri decotti e supportata da ostacoli e barriere eretti contro il difficile, volenteroso impegno di un manipolo di giovani innovatori (non solo di bell’aspetto come qualche invidioso li ha definiti) che vogliono piantarla con il malgoverno, le mafie, le commesse truccate, la corruzione dilagante, il privilegio camuffato da diritto acquisito, il lassismo, l’assenteismo, le invalidità fasulle, accusandoli, nientemeno, di collusione con i “poteri forti”. In tutto questo c’è un pericolo reale, forse non ancora chiaramente rilevato. La negazione dei serissimi problemi che incombono sul futuro delle generazioni a venire, perseguita con l’arroccamento su principi ineluttabilmente divorati dall’implacabile legge del divenire, fa il paio con la tematica in più riprese denunciata da intelletti vivaci e previgenti, fino ad ora inascoltati. In termini più espliciti, osteggiare l’avanzata di un diverso, più moderno modo di intendere il lavoro, significa sintonizzarsi sulla stessa linea di coloro che da duecento anni continuano a scavare buchi per succhiare combustibili fossili da bruciare, arricchendo l’atmosfera di altro gas serra. Ecco un modo pressoché certo per ricondurre l’umanità, realmente stavolta, non al Medio Evo, ma alla caverna. Ed ecco, al contempo, un vera, sacrosanta causa per la quale battersi, tutti insieme, alla conquista di un balzo in avanti risolutivo. Altro che articolo 18!
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