Concorso dei presidi, un incubo

Non è bello quello che sta accadendo da qualche mese a questa parte nell’ambiente scolastico. Il recente concorso per presidi sta diventando un incubo. Oramai non c’è concorso nella scuola, piccolo o pantagruelico che sia, che non debba fare i conti con denunce, ricorsi, controricorsi, Tribunali, Tar regionali e chi più ne ha, più ne metta. Il riferimento va a quanto sta accadendo alle procedure concorsuali, avviate su scala nazionale, per reclutare più di duemila nuovi presidi. Un iter, a dir poco, tra i più semplici che si possa immaginare: domanda da presentare alla scadenza indicata, prova pre-selettiva, prova scritta, prova orale, corso di formazione e infine scelta della sede di servizio. Ma evidentemente, come spesso accade, anche i percorsi più semplici sono destinati, talvolta, a complicarsi. Fin dall’emanazione del bando, gli esperti del Ministro Gelmini hanno dovuto fare i conti con polemiche, contestazioni, ricorsi annunciati e promossi da associazioni e sindacati. Tutto è cominciato con la pubblicazione del bando che ha precluso la partecipazione ai docenti non di ruolo. Ma l’apparato della pubblica amministrazione deve fare sempre i conti con i furbetti della burocrazia, quelli che ben si annidano nel sistema scuola, quelli che si muovono agevolmente tra ricorsi, ammissioni con riserva, prove, leggine e sanatorie. Come da consuetudine, di solito, l’obiettivo dei ricorrenti è vedersi riconosciuto il diritto ad andare avanti nelle prove anche se privi dei requisiti richiesti dal bando. Ma c’è di più. Questa volta ad essere particolarmente strapazzati sono gli esperti del MIUR. La loro colpa? La formulazione dei quesiti proposti per la prova pre-selettiva. Alcuni dei quesiti messi in rete a disposizione dei candidati per esercitazioni, sono risultati sbagliati o formulati male. Disgrazia! Si scatena la bufera. L’agenzia chiamata a curare le fasi concorsuali provvede a cancellare quasi un migliaio di quiz. Col passare dei giorni la tensione sale alle stelle e il clima si avvelena sempre più. Oramai tutti si scagliano contro tutti. Abbiamo candidati precari, rimasti fuori in quanto rispettosi delle regole imposte dal bando, che ricorrono contro colleghi furbetti che, sia pure privi di requisiti, ma avendo presentato domanda, sono stati ammessi a sostenere le prove con riserva. Poi abbiamo candidati esclusi dalla prima prova per somma di errori che ricorrono (causa i quiz sbagliati o formulati male) contro gli ammessi alla prova successiva. E ora abbiamo questi ultimi che «controricorrono» contro i ricorrenti per timore di vedersi annullata la prova già superata. In sintesi siamo di fronte a ricorrenti esclusi che agiscono contro i vincitori che, a loro volta, si tutelano ricorrendo contro gli esclusi. Una situazione per certi versi paradossale e assurda, ma il sistema, avvezzo a tutto questo, finisce con l’assimilare tutto, anche le ossessioni. E’ la storia di un delirio generato forse da un indistinto sentimento di ribellione al caos oggettivo. Siamo proprio di fronte al classico esempio di come i fatti difficilmente rendono conto delle loro contraddizioni e se malauguratamente ciò dovesse accadere, allora hanno ragione gli idealisti hegeliani quando dicevano «tanto peggio per i fatti». Oramai non è più azzardato dire, almeno nel mondo della scuola, che non c’è norma, non c’è concorso che non debba fare i conti con ricorsi promossi dai sindacati o dalle associazioni, con giudici e avvocati, quasi a sottolineare l’importanza, se non la necessità, di affidare sempre e comunque a terzi il riconoscimento di un torto subito da un percorso concorsuale o dall’espletamento di una pratica non ritenuta corretta. Ma a mio modesto parere il bello deve ancora venire. A leggere le cronache di questi giorni, il timore è fondato. L’esito della prova pre-selettiva è risultato micidiale. Sono, infatti, poco più di 24 mila i candidati dichiarati non idonei a proseguire con le altre prove su un totale di più di 32 mila concorrenti per 2386 posti. Da ciò si evince che la prova pre-selettiva è stata superata solo da un terzo dei concorrenti (poco più di nove mila). Questo non fa che aumentare il numero degli arrabbiati. Si stanno moltiplicando i ricorsi presso il tribunale amministrativo del Lazio, lasciando presagire ciò che può accadere: la sospensiva e la conseguente ammissione con riserva di tutti gli esclusi nella prova pre-selettiva fino a sentenza definitiva. Una mossa studiata a tavolino? Può darsi. E’ un esercito di delusi che punta all’annullamento della prima prova per rientrare in gioco confidando in una sospensiva del TAR e sperare in una salvifica sanatoria che da noi non manca mai. Una bagarre senza precedenti che adesso deve fare i conti anche con un nuovo ministro tecnico, che probabilmente vorrà vederci chiaro su quanto sta accadendo. Una brutta ombra viene gettata su un concorso nato male e che può finire peggio. Una situazione per certi versi simile alla precedente del 2004 quando tra gli ammessi con riserva dal giudice amministrativo, molti sono poi diventati dirigenti scolastici senza avere i titoli richiesti dal bando. Tantissime le posizioni pro e contro come tantissime le critiche per una pre-selezione caratterizzata da una batteria di quiz, scanditi su un metodo essenzialmente mnemonico e comunque lontano da ciò che dovrebbe, invece, essere richiesto a un futuro preside. Personalmente credo che un concorso per presidi dovrebbe, innanzitutto, muoversi in un alveo di cultura ben lontano da un sistema fatto di domande a risposta aperta tanto in voga nelle trasmissioni televisive. Un preside più che mnemonico deve essere, infatti, un uomo di cultura, non avvezzo all’esercizio verboso tipico dell’intellettuale di professione che troppo sa dire e poco sa fare. Un preside deve essere un educatore paziente, disponibile, comunicativo, carismatico; deve essere indotto tanto all’ascolto, quanto essere capace di indurre alla riflessione. A un preside può essere concessa al massimo la possibilità di affidarsi a Mnemosine (non si pensi a male), figura mitologica ellenica che personificava, appunto, la memoria, sentita però, come una silente virtù in grado di offrire occasione per riscoprire la propria storia da offrire agli altri. Esempi di vita e umanità di un uomo di scuola.

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