Calano passione e risorse

La crisi che stiamo attraversando rischia di essere, tra l’altro, un grande “silenziatore” rispetto a problematiche aperte e delicate, che però passano in secondo piano nell’agenda pubblica. È il caso, ad esempio, dei temi scolastici, sottotraccia rispetto alle questioni dell’occupazione, della ripresa, delle tasse. C’è anche da dire che negli ultimi anni proprio il terreno della scuola e delle riforme è stato teatro di scaramucce continue se non di una vera e propria guerra politica, tra grandi riforme annunciate e dibattute e cambiamenti reali inferiori alle attese. Un risultato di questo periodo, lungo di anni, è stato anche una certa stanchezza, accompagnata da disillusione soprattutto tra gli addetti ai lavori.Il rischio vero è quello di una riduzione di importanza della scuola nell’agenda collettiva, in un Paese che già non brilla per investimenti nel settore e che negli ultimi anni ha ragionato soprattutto in termini di tagli. Un rischio che va scongiurato, perché, volenti o no, la scuola resta attività strategica in un Paese e probabilmente la ripresa, anche quella economica, passa proprio dai banchi e dagli studenti. Investire nella scuola è investire nel futuro di un popolo, dare senso all’attenzione educativa di cui ormai un po’ tutti (qualcuno tardivamente) invocano la necessità.Investire sulla scuola resta, dunque, una priorità. E fa riflettere che invece proprio nei giorni scorsi non sia stato possibile arrivare alle richieste assunzioni nel comparto scolastico. Ha fatto più scalpore il saperle finanziate dai proventi di gioco e alcol – viva l’educazione! – piuttosto che la stessa richiesta di 10.000 nuovi operatori. Intanto la situazione generale del mondo scolastico ci restituisce classi sempre più affollate, un “parco insegnanti” in diminuzione e bisogni in aumento, come quelli,ad esempio, legati al sostegno e all’inserimento di allievi con handicap.È più alto oggi, rispetto al passato, il numero medio di alunni per classe, con 21,45 studenti in aula e in alcune situazioni (lo 0,6%) lo “spazio” è condiviso da più di 30 allievi. Cala il numero dei docenti: in quest’anno scolastico, rispetto a quello precedente, ce ne sono quasi 17.000 in meno. Preoccupa pensare che stia calando anche, vertiginosamente, la voglia e la passione per diventare docenti. Si potrebbe andare avanti, magari ragionando sulla figura dei dirigenti scolastici, che annegano tra responsabilità gestionali, budget e spesso l’impossibilità di pagare gli stipendi. Il quadro, inquietante, ha anche la cornice tarlata di un’edilizia scolastica inadeguata e con le pezze. Bisogna tornare a parlare di scuola e investire di più. Questo è lo sforzo da chiedere al governo. È vero che mancano i soldi, che la coperta è corta.. ma forse non tutti i capitoli di spesa di uno Stato hanno la stessa importanza strategica: il comparto dell’istruzione viene prima di tanti altri.

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