Il costante aumento d’impianti biogas e biomasse ci impone alcune considerazioni per l’impatto che avranno sul territorio e sui suoi abitanti. In sintesi, come funzionano.Le centrali a biogas trasformano, tramite fermentazione, residui organici provenienti da vegetali e animali in gas/metano e digestato. Le centrali a biomasse sono centrali elettriche che ricavano energia tramite un processo di combustione o chimico di materia organica come reflui degli allevamenti, olii vegetali, prodotti agricoli coltivati allo scopo, rifiuti urbani. In questo momento gli incentivi statali e regionali (soldi di chi paga le tasse) e la deregolamentazione hanno fatto proliferare l’installazione di questi impianti. Perché questo scriteriato e abnorme aumento di centrali a biogas e a biomasse ci preoccupa? I motivi, che cerchiamo qui di sintetizzare, sono molteplici. Manca un piano energetico che definisca i bisogni e quindi le necessità di offerta (il numero, la dimensione, la diversificazione e i luoghi preposti ad accogliere gli insediamenti). Noi pensiamo che in un territorio vadano installate nuove fonti energetiche solo se in presenza di un deficit di produzione rispetto al fabbisogno perché ogni nuovo impianto è uno sfregio al territorio (terra acqua aria). Una centrale della potenza di un MW consuma 14.400/anno di materia prima. Dove trovare questa materia? Nei reflui animali, nei rifiuti e nell’agricoltura intensiva. Noi pensiamo che la nostra terra, che finora ci ha nutrito, non debba essere finalizzata a produrre materia per biogas o biomasse: i prodotti agricoli devono essere coltivati per l’alimentazione di qualità. Con questo trend poi non basterebbe nemmeno la riconversione della nostra agricoltura visto il numero impressionante di centrali in essere e previste.In Lombardia siamo primi nel record negativo d’impianti installati (361 di cui 137 nel Cremonese e 49 nel Lodigiano - dati 2012). Sono ben 35.000 gli ettari coltivati a mais e triticale (ibrido tra frumento e segale) per alimentare queste centrali. Ormai il 20% dei terreni è a loro servizio. Per non parlare dell’Italia intera con i suoi 1.000 impianti a biomasse. Si configurerebbe la necessità di comperare materia prima dall’estero e questo comporterebbe il taglio di foreste e l’aumento della monocoltura col rischio d’importare anche materiali altamente inquinati da aree critiche del pianeta. S’incentiverebbe così l’accaparramento di terre da parte di società multinazionali come sta succedendo in Africa, creando ulteriori masse di diseredati. E quanti altri tir transiterebbero nelle nostre strade a inquinare e intasare di traffico paesi e città? E se i costi di queste materie dovessero salire ecco che i rifiuti organici, che ora sono una fonte di reddito per i cittadini, potrebbero diventare scarti per gli impianti. Cosa ancor più preoccupante, negli impianti a biomasse potrebbero essere bruciati anche i rifiuti urbani (comprese plastiche) come negli inceneritori che tanto inquinamento e tumori hanno portato e tuttora portano. Gli effetti sull’ambiente e sulla nostra salute sarebbero devastanti. Le dosi massicce di fertilizzanti e pesticidi per le coltivazioni intensive che servono ad alimentare una centrale (una centrale di 1 MW richiede la coltura di 300 ettari di terreno) finiscono nelle falde acquifere. La combustione negli impianti di biomasse provoca emissioni atmosferiche tossiche, come ossidi d’azoto e zolfo, che provocano piogge acide. E oltre a liberare in atmosfera quantità enormi di sostanze inquinanti, formano altre aggregazioni chimiche pericolose che penetrano nei polmoni di umani e animali. Gli impianti di biogas che si basano sul principio della biodigestione non riescono a neutralizzare completamente i batteri presenti, alcuni dei quali resistono come quelli del botulismo e del tetano. La copiosa produzione di digestato poi sparsa sui terreni ne altera la composizione. Non facciamoci ingannare dall’elemento bio, è un imbroglio per far passare come ecologico ciò che non è. Consumo di territorio, deficit alimentare, monocoltura, inquinamento atmosferico e idrico, alterazione del paesaggio, impoverimento dei terreni, perdita di biodiversità sono alcuni dei motivi che ci portano a dissentire totalmente da questa dissennata e miope politica. Ci auguriamo che al più presto le istituzioni, con il coinvolgimento del mondo ambientalista, si facciano carico di un piano energetico che contempli risparmio, efficienza ed energie rinnovabili a minor impatto possibile, rispondendo così solo ai bisogni dei cittadini e non all’avidità e ai profitti delle lobby.
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