Quattro pellegrini dal Giappone a Lodi nell’estate del 1585

In arrivo da Cremona dopo una permanenza nella Serenissima e la visita al Papa a Roma: fu la prima Ambasceria nipponica nel vecchio Continente

Lodi

Dal Giappone a Milano, passando per Lodi. Nell’estate del 1585 l’Ambasceria nipponica che si era recata a Roma in visita dal Papa Gregorio XIII giunse in riva all’Adda. Un’autentica esperienza di vita per quattro giovani giapponesi considerato il lasso di tempo in cui si sviluppò il viaggio dall’Oriente fino all’Europa e ritorno. Partita da Nagasaki il 20 febbraio 1582, la delegazione nipponica giunse in Portogallo due anni dopo, sbarcando a Livorno il primo marzo 1585. In sei mesi di permanenza nella penisola italiana, allora suddivisa in diversi Stati, ducati e Repubbliche, i giovani furono ricevuti dal Santo Padre e dalle corti, suscitando ovunque grande curiosità e interesse. Non furono da meno i lodigiani, che accolsero i quattro componenti dell’Ambasceria in arrivo da Pizzighettone, dopo la sosta a Cremona, reduci dalla permanenza nella Serenissima. Il trattamento a loro riservato era quello per le persone davvero importanti, del resto si trattava della prima Ambasceria giapponese nel vecchio Continente (il precedente di Bernardo di Kagoshima, giunto a Lisbona nel 1555 a seguito di Francesco Saverio, non aveva i crismi dell’ufficialità). Itō Sukemasu Mancio, Chijiwa Seizaemon Michele, Hara Martino e Nakaura Giuliano i nomi dei quattro giovani accompagnati nel loro peregrinare da padre Diogo de Mesquita. Giunsero a Lodi (la loro presenza è attestata in un registro contabile del Fondo del Capitolo della cattedrale conservato nell’Archivio storico diocesano) il 23 luglio 1585, scortati da una moltitudine di curiosi e 19 carrozze , «che faceva un bel vedere con alcuni cavalli della città, li quali crebbero quando fussimo un miglio lontano venendo la compagnia di cavalli leggieri», è scritto in una cronaca dell’epoca. Il podestà li accolse con gioia e vietò che alcuno li importunasse a palazzo, specie durante i pasti. I legati giapponesi non nascosero il loro stupore dinanzi alle meraviglie custodite nella cattedrale di Lodi, dove «ci monstrorno le reliquie et il tesoro che hanno nella sacristia che né San Pietro di Roma ha tal cosa di paramenti, di calice, di pace, di libri, di choro di ogni sorte di grandissima valuta».

I quattro giovani e padre Diogo rimasero a Lodi anche il 24 luglio, in attesa di poter fare il loro ingresso a Milano, dove l’allora governatore, duca di Terranova, «che era fuori della città in quei giorni, chiese che aspettassero perché desiderava ritornare e accoglierli personalmente al loro arrivo il 25 luglio, festa di San Giacomo». Così avvenne, non prima di essere transitati per Marignano (Melegnano) .L’8 agosto 1585 salparono da Genova per la Spagna, giungendo in Giappone il 21 luglio 1590. Furono accolti da eroi, ma per la Chiesa iniziava una persecuzione con l’imposizione ai missionari cristiani di abbandonare il Paese. Il 440° anniversario dell’Ambasceria Tenshō (1585-2025) è stato celebrato giovedì scorso a Roma in occasione anche dell’Anno giubilare: la Pontificia Università Urbaniana ha promosso un convegno con la partecipazione delle diocesi che ospitarono i legati giapponesi. A rappresentare quella di Lodi il suo vescovo, monsignor Maurizio Malvestiti.

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