Papa Francesco: «La Chiesa cammini con gioia, non sia troppo autoreferenziale»

L’incontro con vescovi e delegati sinodali dell’Assemblea generale della Cei

«Il maquillage è una brutta malattia della Chiesa. Il Clericalismo è una perversione». Lo ha detto Papa Francesco incontrando i vescovi e i delegati sinodali nell’ambito della 77/esima Assemblea generale della Cei. «A volte - ha detto ancora il Papa - si ha l’impressione che le comunità religiose, le curie, le parrocchie siano ancora troppo autoreferenziali. Sembra che si insinui, un po’ nascostamente, una sorta di “neoclericalismo di difesa”, generato da un atteggiamento timoroso, dalla lamentela per un mondo che non ci capisce più, dal bisogno di ribadire e far sentire la propria influenza. Il Sinodo ci chiama a diventare una Chiesa che cammina con gioia, con umiltà e con creatività dentro questo nostro tempo, nella consapevolezza che siamo tutti vulnerabili e abbiamo bisogno gli uni degli altri».

«Riscoprirsi corresponsabili nella Chiesa non equivale a mettere in atto logiche mondane di distribuzione dei poteri, ma significa coltivare il desiderio di riconoscere l’altro nella ricchezza dei suoi carismi e della sua singolarità - ha aggiunto Francesco -. Così, possono trovare posto quanti ancora faticano a vedere riconosciuta la loro presenza nella Chiesa, quanti non hanno voce, coloro le cui voci sono coperte se non zittite o ignorate, coloro che si sentono inadeguati, magari perché hanno percorsi di vita difficili o complessi».

«Abbiamo bisogno di comunità cristiane nelle quali si allarghi lo spazio, dove tutti possano sentirsi a casa, dove le strutture e i mezzi pastorali favoriscano non la creazione di piccoli gruppi, ma la gioia di essere e sentirsi corresponsabili», il ritratto di Francesco. «Mai senza l’Altro con la ‘A’ maiuscola, mai senza gli altri con cui condividere il cammino», lo slogan utilizzato dal Papa: «Fare Chiesa insieme», per il Papa, «è un’esigenza che sentiamo di urgente, oggi, sessant’anni dopo la conclusione del Concilio Vaticano II».

«Essere una Chiesa ‘inquieta’ nelle inquietudini del nostro tempo», l’ultima consegna del Papa, che ha lodato la Chiesa italiana per aver scelto, nella fase del Cammino sinodale che si è appena conclusa, di formare dei gruppi sinodali anche nelle carceri. «La comunità cristiana è provocata a uscire dai pregiudizi, a mettersi in ricerca di coloro che provengono da anni di detenzione, per incontrarli, per ascoltare la loro testimonianza, e spezzare con loro il pane della Parola di Dio», l’invito di Francesco, che ha auspicato che il Sinodo possa aiutarci a «prendere sul serio la vulnerabilità». «Formare dei gruppi sinodali nelle carceri vuol dire mettersi in ascolto di un’umanità ferita, ma, nel contempo, bisognosa di redenzione. Per un detenuto, scontare la pena può diventare occasione per fare esperienza del volto misericordioso di Dio, e così cominciare una vita nuova», ha detto ancora il pontefice.

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