«Noi siamo eterni: è la gioia
da proclamare ogni Pasqua»

La Messa celebrata dal vescovo Maurizio nel giorno di Pasqua

Finalmente la luce. La luce che raccoglie ogni timorosa speranza, ogni dubbio doloroso, ogni paura, ogni silenzio, ogni attesa e ogni preghiera per trasformarle nella certezza della salvezza. La mattina di Pasqua comincia la meraviglia per quel sepolcro vuoto, che la fede trasforma in certezza di eternità, e prosegue con la corsa affannosa dei due apostoli, il desiderio irrefrenabile dei discepoli di annunciare a tutto il mondo che il mistero si è compiuto. Da duemila anni, la Chiesa non ha smesso di annunciare questo mistero, come ha fatto il vescovo nella Domenica di Pasqua: «Anche noi intoniamo l’Alleluja in questa terra lodigiana, dal quarto secolo con san Bassiano, e ancora prima con i martiri venuti da lontano, come da lontano corre l’annuncio della resurrezione».

Nell’omelia, il vescovo ha sottolineato l’importanza dell’annuncio e della testimonianza, di cantare questo Alleluja incontenibile, «che non viene da un’allucinazione, da una diceria o da una fissazione, ma si è mostrato nel corpo glorioso di Cristo. Dopo la Domenica delle Palme, la Messa crismale, la Cena del Signore col mandato a servire, dopo il sangue versato nel Venerdì santo e il silenzio salvifico di Dio, non potevamo non rispondere con il silenzio orante della Veglia fino all’Exultet e al “Gloria” gioioso. Nel giorno di Pasqua giunge al mondo intero questo canto, che lo Spirito Santo ci ha ridato. A noi, perché, come è scritto negli Atti degli Apostoli (è Pietro a parlare!), “noi siamo testimoni, e non altri”». Testimoni di una notizia sempre nuova, che è il cuore di tutto il Vangelo: «Siamo eterni, questa è l’infinita e intima gioia da proclamare in ogni Pasqua; e la Messa è farmaco di immortalità. Mancare in questo annuncio significa allontanarsi dalla fonte della vita».

Ma l’annuncio rischia di cadere su un terreno non fertile: «Se la nostra testimonianza incontra indifferenza, apatia, o persino contrarietà, non diamoci per vinti: è troppo importante questa verità per il presente e il futuro del mondo, per le giovani generazioni, per le Nazioni, in particolare quelle che vivono la guerra, come Ucraina e Russia, o le infinite tensioni che insanguinano la Terra Santa. Non diamoci mai per vinti, perché basta poco lievito per fare fermentare tutta la pasta, e alla prova dell’esistenza reggono solo sincerità e verità, dando all’umano la prospettiva dell’eterno».

Questa verità rende «non chiusi, ma aperti, non timorosi ma coraggiosi, non complicati ma semplici, pacificati e pacificatori, non egoisti ma altruisti, come i discepoli che escono dal sepolcro per aiutare la storia a risorgere sempre». In attesa della resurrezione della storia, la Cena eucaristica è memoriale e anticipazione della resurrezione di Cristo, e per evidenziare la centralità di questo sacramento la Chiesa laudense sta vivendo l’Anno eucaristico, poiché, come è scritto nella lettera pastorale “Questo è il mio corpo”, «L’Eucarestia regala alla Chiesa ciò che è essenziale, ciò che rimane, insieme a libertà sempre nuova per essere portatrice della grazia che guarisce, perdona, salva e dona la vita in pienezza».

Dando quindi appuntamento a tutti per il 30 settembre, per la Messa e la processione che concluderanno il Congresso eucaristico diocesano, il vescovo ha impartito la benedizione papale affinché giunga a tutti la gioia del Signore, che è la nostra forza.n

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