«L’identità del prete è nell’Eucaristia»

Le ordinazioni sacerdotali saranno sabato 16 giugno in duomo

La Diocesi di Lodi si prepara a vivere il momento delle ordinazioni presbiterali. Sono due quest’anno i diaconi del Seminario vescovile che riceveranno il sacramento dell’Ordine dal Vescovo Giuseppe Merisi: don Roberto Abbà e don Giuseppe Spizzi. La celebrazione si terrà sabato 16 giugno in duomo e inizierà alle ore 20.30. Insieme al Vescovo ci saranno i sacerdoti formatori del Seminario, i parroci degli ordinandi e tutti i preti che lo desiderano.

Pubblichiamo la lettera del rettore del Seminario, monsignor Bassano Padovani, ai due ordinandi.

Carissimi Don Giuseppe e Don Roberto, il tradizionale saluto ai seminaristi “partenti” ormai prossimi all’ordinazione sacerdotale quest’anno si fa occasione ghiotta per dare risalto al legame tra la vostra scelta di vita e l’Eucaristia, visto il contesto del cammino diocesano verso il Convegno eucaristico.

Voi sapete che con tanta semplicità - ma anche con piena verità - la prima cosa che la gente associa al diventar prete è…. “dire la Messa”. Chissà quante persone nei mesi scorsi vi hanno tormentato l’anima con la domanda fatidica: “Allora quando dite Messa?”. Dietro questa espressione popolare si cela la convinzione che la cosa più importante per un prete è, per l’appunto, “dire Messa”, celebrare l’Eucaristia. Beh, lo sa anche la gente che poi da preti non farete solo quello, eppure nell’immaginario comune prete e Messa sono due realtà incollate, inseparabili. A ben guardare la vostra vita da prete inizierà proprio nel contesto di una messa (quella presieduta dal Vescovo che vi conferirà il sacramento dell’Ordine) e decollerà il giorno seguente con la celebrazione della Prima Messa (nella quale sarete voi stavolta a presiedere l’Eucaristia per la prima volta).

I tanti incontri formativi che abbiamo vissuto insieme vi hanno però dato l’occasione di comprendere e toccar con mano che il legame del prete con l’eucaristia è ben più profondo delle “cose” che lui fa ma si radica in ciò che egli è, cioè nella sua identità di discepolo di Gesù, chiamato da Lui per condividere la sua missione di annuncio del Vangelo e per questo costituito apostolo.

L’Eucaristia che genera il sacerdozio - quello di sempre e quello vostro - è la stessa eucaristia presieduta da Gesù, quella che noi ricordiamo sotto il nome di “Ultima Cena” e della quale facciamo speciale memoria liturgica il Giovedì Santo. In quella Eucaristia è racchiusa l’identità del prete e quindi anche tutto quanto ci serve per comprendere la sua missione nella Chiesa e nel mondo.

Mi sarebbe piaciuto regalarvi, in questa occasione, una bella icona capace di richiamarvi sempre il valore dell’Eucaristia. Solo che non sono riuscito a trovare quella giusta, perché ne ho in testa una che non è ancora stata dipinta, essendo una specie di “collage” tra varie scene del Vangelo. Cerco almeno di farvela intuire…

Di solito l’Ultima Cena di Gesù è rappresentata come raffigurazione di un banchetto: grande tavola, attorniata ovviamente da Gesù e dai suoi amici, presenza di cibo e, in particolare, di pane e vino. Sono gli elementi raccontati dai Vangeli sinottici e da San Paolo. Dentro questa scena i vari artisti hanno cercato di inserire le loro particolari comprensioni di quel momento: c’è chi ha prestato molta cura nei volti dei personaggi (occhi attoniti, sguardi che s’incrociano, visi addolorati…), chi nella posizione dei corpi (dall’intima vicinanza del discepolo amato alla frettolosa uscita di scena del traditore), chi nella dinamica delle azioni (dalla mano aperta di Gesù che offre il suo pane alla mano irrigidita di Giuda attorno alla borsa prezzo del tradimento).

Però sappiamo dal Vangelo di Giovanni che l’Ultima Cena non si ridusse ad un pasto ma fu anche momento di intima comunione tra Gesù e i suoi apostoli nel quale egli dedicò congruo tempo a formulare il suo testamento spirituale, cercando di far leva sui migliori sentimenti dei suoi amici. Li esortò all’amore vicendevole, li incoraggiò a perseverare nella prova, li coinvolse nello sperimentare la sua comunione con il Padre nonostante l’angoscia e il presentimento della morte. E prima di tutte queste cose, mentre cenavano, si alzò da tavola e si mise a lavar loro i piedi. È Giovanni, unico tra gli evangelisti, a farci conoscere questo dettaglio importante che nel suo Vangelo sostituisce il ricordo delle parole pronunciate da Gesù sul pane e sul vino. Ne vien fuori un messaggio davvero forte: non solo Gesù si dona ai suoi come fosse cibo (pane e vino), ma lo fa nel modo più inaspettato e cioè da “servo”, capace di chinarsi davanti ai suoi, Lui che nella gloria del Padre riceve l’inchino di tutti gli esseri creati.

L’identità del prete, alla luce dell’Eucaristia, è costituita dalla continua sovrapposizione tra il dono di sé, visibile nella scelta di vita povera, obbediente e celibe, e la forma di questo dono che è il servizio, cioè l’uso dei propri doni a lode e gloria di Dio e per il bene di tutti gli uomini (perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza).

Cari amici e ormai prossimi fratelli nel sacerdozio, vi auguro ogni bene e cioè che possiate rendere visibile “il Dio vicino” e moltiplicare la vita buona del Vangelo come ogni giorno moltiplicherete il Pane eucaristico.

Don Bassano

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