«L’Eucaristia fu il vincolo più alto

tra i santi Bassiano e Ambrogio»

Monsignor Malvestiti

ha incoraggiato tutti

«a riservare alla Divina Eucaristia la doverosa salvifica centralità»

Nella vigilia di San Bassiano sale a Dio la lode gioiosa della nostra Chiesa. Attendiamo sempre trepidi - noi sacerdoti – di pronunciare in persona Christi le parole della Cena del Signore: «Fate questo in memoria di me». I fedeli le condividono nel silenzio che adora, intimamente uniti alla celebrazione per il sacerdozio battesimale. Sotto il segno eucaristico, è Gesù a donarsi in perfetto rendimento di grazie al Padre, nello Spirito, affinché il mondo abbia la vita. La partecipazione al Mistero del Corpo e Sangue del Signore, ci rende «un solo corpo e un solo spirito» perché si invoca sull’assemblea dei fedeli lo stesso Spirito. Ecco i benefici della redenzione che possiamo sentire sempre in noi se adoriamo con viva fede il mirabile sacramento dell’Eucaristia, nel quale Egli ci ha lasciato il memoriale della Pasqua di Croce e Risurrezione (cf Colletta del Corpus Domini).

Si risveglino, perciò, le più «attente premure affinché i fedeli non assistano come stranieri o muti spettatori a questo mistero di fede» – lo chiede il Concilio – «ma, comprendendolo bene per mezzo dei riti e delle preghiere, partecipino all’azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente; siano istruiti nella parola di Dio; si nutrano alla mensa del Corpo del Signore; rendano grazie a Dio; offrendo l’ostia immacolata, non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui, imparino ad offrire se stessi, e di giorno in giorno, per mezzo di Cristo mediatore siano perfezionati nell’unità con Dio e tra di loro, di modo che Egli sia finalmente tutto in tutti» (SC 48).

La comunione si dilaterà. L’unità e la pace cresceranno nella chiesa cattolica e tra le chiese e comunità cristiane. Papa Francesco quasi ci ammonisce nell’Evangelii gaudium, sottolineando che: l’impegno ecumenico risponde alla preghiera del Signore Gesù. Egli chiede che «tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21). La credibilità dell’annuncio sarebbe molto più grande se i cristiani superassero le loro divisioni e la Chiesa realizzasse «la pienezza della cattolicità a lei propria in quei figli che le sono certo uniti col battesimo» (UR 4) ma ancora privi della piena comunione (EG 244). Siamo pellegrini insieme senza sospetti e diffidenze, guardando alla comune ricerca: la pace nel volto dell’unico Dio (cf ibid). La crescente comunione nei battezzati susciterà rispetto e collaborazione tra le religioni perché la pace possa giungere all’intera famiglia umana.

Penso a quando il fondatore e primo vescovo riuniva il popolo dell’antica Laus perché risuonasse copiosa la parola di Dio, secondo l’insegnamento degli apostoli, e a quando mediante la fractio panis lo immergeva nella carità di Cristo per edificare le basiliche e grazie ad esse, che davano coscienza di popolo cristiano all’insieme dei fedeli, una società che si riferisse a Dio e perciò attenta a tutti, mai dimentica dei poveri. Ne era il difensore proprio lui tanto riconosciuto da lasciarne fiera memoria fino a noi. Il pastore assicurava al gregge l’alimento per la vita terrena e per quella eterna. S. Ambrogio avrà certamente confidato all’amico Bassiano gli intenti per stimolare la partecipazione eucaristica dei fedeli. E forse condiviso il commento alla domanda del Padre Nostro: «dacci oggi il pane quotidiano». Ambrogio afferma: «Se il pane è quotidiano, perché lo ricevi a distanza di un anno? Ricevi una volta all’anno ciò che ti giova ogni giorno? Vivi in modo da essere degno di riceverlo ogni giorno…Tu senti ripetere che ogni volta che si offre il sacrificio si annuncia la morte del Signore, la risurrezione del Signore, l’ascensione del Signore e la remissione dei peccati, e tuttavia tu non ricevi ogni giorno questo pane di vita? Chi ha una ferita cerca la medicina. La nostra ferita è l’essere soggetti al peccato, la medicina è il celeste e venerabile sacramento» (AMBROGIO., De sacram. 5, 25). L’Eucaristia quotidiana costituiva già il vissuto ecclesiale ordinario. Il vincolo eucaristico fu il più alto tra i due santi vescovi. Bassiano ne lascia commovente testimonianza a Paolino, biografo di Ambrogio, il quale, dopo averne descritta l’ultima comunione osserva che: «…spirò, portando con sé un buon viatico in modo che l’anima, ancor più rinvigorita in virtù di quel cibo, possa allietarsi nella comunione degli angeli» (PAOLINO, Vita di Ambrogio 47,3). È il nostro Bassiano ad attestare che il Signore Gesù venne incontro al fratello vescovo morente coronando un’intera esistenza alimentata dall’Eucaristia.

Nella festa del patrono incoraggio tutti a riservare alla Divina Eucaristia la doverosa salvifica centralità. Il cibo terreno viene da noi assimilato, mentre il Signore col Cibo Eucaristico «ci assimila a sé», assicura S. Agostino. Lo consente l’adorazione che prolunga la celebrazione perché lo Spirito trasfiguri noi e la storia. Il cammino verso l’altare è stato aperto stasera dalla croce del giubileo. È dono dell’Arcivescovo monsignor Fisichella, come i mattoni tratti rispettivamente dalle porte sante di san Pietro (dov’è la prima porta di misericordia), san Giovanni in Laterano (dove il Papa si reca per il Corpus Domini) e san Paolo (con l’inconfondibile appello missionario). Lo ringrazio per questi simboli della grazia eucaristica: il sacrificio della Croce che trasfigura ogni debolezza e vince ogni peccato dandoci la vita. La misericordia della croce fruttifichi nella comunione eucaristica e grazie ad essa sia instancabile la missione. Lavati e nutriti da Cristo, portando con Lui la croce nostra e dei fratelli, saremo «pietre vive» nella chiesa e nella società. Edificheremo un’umanità fraterna e solidale, a cominciare dai giovani, ai quali abbiamo il dovere di trasmettere ciò che abbiamo ricevuto, come fece san Paolo proprio col mistero eucaristico (cf 1 Cor 11,23-26). Non ci mancherà la gioia del vangelo nell’amore fino alla fine (cf Gv 13,1). Amen.

+ Maurizio, Vescovo

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