Le prospettive per l’Ac diocesana:

«Sia coraggiosa e piena d’amore»

Il presidente uscente Giuseppe Veluti traccia

il bilancio del triennio appena concluso e parlando del futuro

cita Papa Francesco

L’Azione cattolica diocesana ha vistto un importante momento di riflessione , progettazione e rinnovo dei responsabili. Domenica scorsa, infatti, si è tenuta in Seminario a Lodi la 15esima Assemblea diocesana di Ac, durante la quale 150 persone hanno votato i candidati al prossimo consiglio diocesano. Per conoscere il nome del presidente si dovrà invece attendere l’inizio di marzo, in modo che trascorra il tempo necessario allo svolgimento di alcuni passaggi che si concludono con la nomina da parte del vescovo. Per ripercorrere la storia recente dell’associazione e gettare uno sguardo agli obbiettivi ancora da raggiungere, abbiamo rivolto alcune domande a Giuseppe Veluti, presidente uscente.

Quali sono le tappe più significative dell'ultimo triennio?

«Sono tre gli ambiti che hanno definito l’impegno degli ultimi anni. Innanzitutto, la riflessione su ciò che significa e implica essere associazione a livello territoriale, vicariale e diocesano, guardando alle dimensioni dell’ecclesialità, della fraternità e della missionarietà. Poi, la necessità di ridefinire l’esperienza formativa di Azione cattolica. A tal proposito, la Commissione adulti ha portato avanti un’indagine sulla fede in età matura che verrà presentata pubblicamente il 27 febbraio. Infine, abbiamo ripensato alla missionarietà, dando vita a un laboratorio sociopolitico per la partecipazione a forte presenza giovanile».

Cosa vede nel futuro di Azione cattolica? Se rimarrà in carica quali ritiene siano le priorità e quali gli stimoli di cui l’associazione avrebbe bisogno?

«L’obbiettivo fondamentale è quello di rendere l’associazione un soggetto significativo nella realtà ecclesiale e per la formazione dei laici. Per fare questo, sarà indispensabile accrescere la capillarità della diffusione di Ac nelle parrocchie e integrare questo livello con quello vicariale e diocesano, unendo anche i settori Acr, giovani e adulti, altrimenti si rischia che l’associazione territoriale sia slegata dalla realtà diocesana. Sarà importante anche sviluppare la proposta pastorale e non solo l’“azione”, andando anche oltre questa dimensione, per toccare quella culturale, sociopolitica e così via, che rappresentano il contesto della vita quotidiana dei laici».

Dal punto di vista personale, quanto e come è stato arricchito dall’esperienza alla guida di Ac?

«Sicuramente oggi ho una maggiore conoscenza della vita ecclesiale diocesana, anche grazie al fatto che, in quanto responsabile di Azione cattolica, ho partecipato alla consulta delle aggregazioni laicali e del consiglio pastorale diocesano. Poi ho conosciuto persone di grande fede e moralità e sono stato rafforzato nella convinzione che l’Ac può essere il futuro di una Chiesa in cui nessuno abbia la pretesa di avere la verità in tasca, ma tutti, sacerdoti e laici, collaborino e dialoghino tra loro. Volendo fare una considerazione conclusiva, Papa Francesco ha parlato giovedì di “una pastorale intelligente, coraggiosa e piena d’amore”: io credo che anche l’Ac, insieme alla nostra Chiesa diocesana, abbia esattamente bisogno di vivere in questa prospettiva».

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