La vita in seminario,

sorgente e palestra

di legami autentici

Domenica 23 novembre, in occasione della solennità di Cristo Re, tutta la diocesi di Lodi si stringerà

intorno alla comunità di via XX Settembre

Il sacerdote, come ogni uomo, è chiamato a vivere in sintonia con il proprio tempo e, come ogni uomo, può appiattirsi su di esso. L’ordinazione non lo rende certo immune dalla possibilità di smarrire, nei varia ambiti della vita, la differenza e la singolarità cristiane. E poiché una delle caratteristiche del nostro tempo è la relazione virtuale, ecco che il sacerdote, da un lato è chiamato, per non isolarsi, ad utilizzare le odierne forme di comunicazione e, dall’altro lato, è sollecitato a vigilare sulla qualità evangelica dei suoi rapporti umani e a non mortificarne l’ampiezza. Ed è proprio sui rapporti umani che desidero soffermarmi, ritenendoli cuore pulsante del cammino di formazione al sacerdozio.

Noi esistiamo per la gratuità di un atto generativo. Nasciamo da altri, non dal caso, siamo dono di altri. Non solo. Senza l’esperienza d’essere preziosi agli occhi di altri, a stento riusciamo ad amare ed apprezzare la nostra stessa vita. Non si dà un “io” senza un “noi”, la cui cifra è l’amore. Rimaniamo anche legati gli uni gli altri, così come siamo legati alla grande Sorgente della Vita ed alle piccole sorgenti che ogni giorno dispensano vita. Non solo. A nostra volta possiamo offrire quote importanti di vita e di senso, perché altri possano percepirsi accolti e desiderati, e perché mai si interrompa la splendida, umana, avventura.

Solo a partire da questa ritrovata verità su di sé ogni uomo – e quindi anche il sacerdote e chi si prepara ad esserlo – può instaurare relazioni di vita autentiche, a trecentosessanta gradi. Nella consapevolezza che il mondo è fondato sul dono, sull’amore che tutti precede ed accompagna, il “pastore” fa proprio il compito di custodire i legami con coloro che dalla Sorgente della Vita gli sono stati donati. Diversamente, tutto diventa “dovere” gelido, della cui qualità non ci si sente chiamati a render conto. Come (e forse più di) ogni uomo, in definitiva, il sacerdote o è relazione benevola o smarrisce la verità del proprio essere.

In questa luce i Vangeli ci offrono un ulteriore sviluppo, con un singolare affondo proprio nel testamento di Gesù: «Perché tutti siano una cosa sola; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi» (Vangelo di Giovanni). Diventare creature in relazione, quindi, non è “solo” diventare se stessi, essere nella verità, ma anche vivere nella relazione del Padre e del Figlio, ed essere da loro stessi custoditi. La comune unità d’origine tra noi, gli umani, trova qui le sue radici più profonde: poiché un unico cuore di Padre abita il cuore del Figlio e degli uomini, il nostro vivere da figli e fratelli altro non è che dire “sì” al Padre di tutti.

Un seminario, il nostro seminario, non può disattendere le relazioni umane, verità e bellezza ricevute in dono. Vivere “da consapevoli” è, in ultima analisi, stare nelle relazione come grazia donata che si cura d’essere grazia donante, è tutti accogliere come presenza preziosa da custodire e condurre a pienezza. L’esatto contrario dell’indifferenza e dell’accaparramento, del «tutto mi è dovuto perché io sono, e tutto deve restare mio». Di questa, e di altre dinamiche, il seminario vuole essere sorgente e palestra. Il configurarsi come individuale e passiva attesa di «cieli nuovi e terra nuova» non gli appartiene.

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