Il vescovo: «Pasqua è libertà!»

Pasqua è parola ed evento. La prima evoca un fatto, col quale si fonde e si rafforza. Insieme costituiscono la certezza fondante per i discepoli di un Dio, che si è fatto Uomo, e ha aggredito la morte vincendola. Il paradosso continua, mai sopito nei due millenni da quando puntualmente viene riproposto al mondo.

Non è forse una sorta di sintonia intima con la pasqua a coltivarne il ricordo nelle radici dell’essere? Non è forse complice la insopprimibile nostalgia percepita dal cuore e financo dal pensiero con un Oltre, che insieme sia principio e scaturigine ma anche compimento dell’umano? L’Oltre Divino ha assunto i lineamenti umani di Gesù di Nazaret. E’ la fede che sostiene i suoi discepoli, rendendoli capaci di perseverare fino alla fine, inflitta crudelmente proprio in questi giorni. Cristo, “per i suoi” (.. ma chi non è “suo” in umanità?), è il riscatto finalmente sicuro dal radicale enigma umano del dolore e del morire. “Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello: il Signore della vita era morto, ora vive e trionfa” (sequenza pasquale). Il conflitto perdura. Nelle coscienze, nei rapporti interpersonali, nelle comunità, nell’intera famiglia umana. Eppure non possono tacere la parola e l’evento perché qualcosa di inaccessibile allo sguardo e di incomprensibile alla mente è realmente accaduto e non solo riferito o auspicato. Lo leggiamo nella icona, che mi sono permesso di prendere ancora dalla tradizione russa per la mia prima pasqua lodigiana. È, questa volta, dell’iconografo Pimen Sofronov, che la “scrisse” in Roma nella prima metà del secolo scorso ed è conservata alla Congregazione per le Chiese Orientali. La didascalia, in lingua slava ecclesiastica, dice: “l’angelo annuncia la risurrezione di Cristo”. Il contrasto tra il bianco e il cupo sfondo del sepolcro-grotta della nascita vuole attestare che è l’Oltre a prendere volto. Una “teofania” - direbbero i bizantini. La pasqua è manifestazione divina! Enfatizzata nella scena come mistero indicibile e inaccessibile. L’assenza delle guardie attesta lo sconvolgimento, pari a quello del Calvario, messe in fuga ora dalla vita, che è sempre liberante. Ecco il cuore della parola e dell’evento. Pasqua è libertà! Per tutti a cominciare dall’intimo di ciascun uomo. E per questo è pace per tutti. Non si stanchino i cristiani di questo annuncio. Lo accolgano e lo rechino ovunque per un confronto amichevole in libertà. Il nostro Paese è descritto per la sua stanchezza e la crisi che condivide col mondo in cui viviamo. Dove il molto positivo, che è in tanti, sembra mortificato dall’incapacità a darne significativa espressione. A ciò vorrebbe contribuire il convegno che la Chiesa Italiana terrà a Firenze nel prossimo novembre. Il tema è noto: “In Cristo Gesù-Il nuovo umanesimo”.

L’incontro si porrà in continuità con la riflessione avviata dalla imminente Expò. L’interesse ecclesiale al problema del cibo, sta cercando si riproporre la sapiente visione evangelica di un uomo che “di solo pane” non può vivere.

Faticherebbe addirittura a sopravvivere. Mentre diventa nuovo nella solidarietà.

Milano e Firenze possono offrire percorsi condivisi anche ai lodigiani, cominciando da questa pasqua. All’insegna dell’ascolto, preoccupati però di entrare nella concretezza delle situazioni. L’esperienza della gente deve interpellarci. “Fragilità vecchie e nuove: dalla disabilità fisica e mentale all’immigrazione, che espone allo sfruttamento e rischia di riversarsi nelle fabbriche di povertà, fino ai casi sempre più numerosi di famiglie rese fragili, spezzate e riaggregate con grande travaglio”: è la realtà sociale che la preparazione al convegno fiorentino sta considerando. Quanto, poi, rimanga viva la questione giovanile e quella del lavoro, lo avvertiamo bene tutti. Un umanesimo perciò “plurale e integrale”. Parlando dell’uomo, non potremo, però, disattendere la dimensione della interiorità e della trascendenza, che lo spirito mai si rassegna ad emarginare. Non siamo soli in questi intenti. C’è tanta gente pronta a condividerli. È disponibile la chiesa di Lodi. Tanti amici sono addirittura desiderosi di compiere passi, vicendevolmente rispettosi, ma comuni. Ci accompagnano, soprattutto, i primi protagonisti della parola e dell’evento di pasqua: il Figlio e la Madre. Un inedito di Mario Luzi, pubblicato da Metteliana e presentato il 28 febbraio scorso proprio a Firenze in Palazzo Vecchio, commenta la lauda Donna de Paradiso di Jacopone da Todi. E sostiene che il poeta e teologo francescano: “vuole che la passione sia veramente e unicamente passione: la prescienza del sacrificio non diminuisce la sua reale e desolata gravità nel figlio, meno ancora nella madre”. Luzi ci regala, però, lo sguardo tenero di Maria, che nel dolore e nel pianto della Croce ha rigenerato, anche per sua parte, l’Uomo nuovo e noi in Lui: “Mater dolorosa, o come dice (la lauda), mamma scura: ecco l’attributo che più ha richiamato a Maria la preghiera e la confidente attesa delle moltitudini”. E aggiunge: “La pena solitaria e inconsolabile dall’uomo, la pubblica calamità che non vede scampo o rimedio portano ugualmente a pronunciare il suo nome”. Quella Madre è accanto all’umanità per avvicinarla alla novità, sempre ricreante, di “Iesù Cristo beato”. All’amore del Figlio e della Madre, affinché impensierisca i cuori e poi li commuova fino a consolarli, affido l’augurio, il più cordiale, per tutti i lodigiani nella prima pasqua tra voi.

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