Il suo impegno per le Chiese Orientali

Il nuovo vescovo di Lodi monsignor Maurizio Malvestiti è nato a Marne (frazione del comune di Filago), in diocesi di Bergamo, il 25 agosto 1953: ha dunque compiuto i 61 anni lunedì scorso.

Dopo gli studi ecclesiastici nel Seminario vescovile di Bergamo, affiliato alla Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale, è stato ordinato sacerdote l’11 giugno 1977. Ha poi frequentato corsi di Lingua e Letteratura straniera all’Università degli Studi di Bergamo ed ha conseguito la Licenza in Sacra Teologia a Roma.

Ha svolto i seguenti incarichi: vicario parrocchiale a Pedrengo; dal 1978 al 1994 educatore, insegnante e vicerettore delle Medie del Seminario di Bergamo, coadiutore festivo nella parrocchia di Suisio, vicerettore della comunità del liceo del Seminario, studente a Roma, dove è giunto nel 1994.

Da allora - e sono trascorsi esattamente vent’anni - monsignor Malvestiti svolge il proprio apostolato a Roma. Dal 1994 al 2009 è stato officiale e poi capoufficio nella Congregazione per le Chiese Orientali col compito di segretario particolare dei tre cardinali prefetti che in questi anni si sono succeduti alla sua guida. La Congregazione per le Chiese Orientali ha il compito di curare i rapporti tra queste e il Vaticano, favorendone la crescita e tutelandone i diritti, e mantenendoli vivi, accanto al patrimonio liturgico, disciplinare e spirituale sia della Chiesa latina che quelli delle varie tradizioni cristiane orientali.

Nel giugno 2009 Papa Benedetto XVI ha nominato monsignor Malvestiti sottosegretario della Congregazione per le Chiese Orientali, responsabile dell’ufficio Studi e Formazione, componente delle Commissioni Bilaterali tra la Santa Sede e gli Stati di Israele e Palestina. Il nuovo vescovo di Lodi è docente nel Pontificio Istituto Orientale e rettore della Chiesa di San Biagio degli Armeni in Roma, cappellano conventuale dell’Ordine di Malta. Conosce l’inglese e il francese. È stato nominato Cappellano di Sua Santità nel 1996 e Prelato il 26 agosto 2006.

Monsignor Malvestiti succede a monsignor Giuseppe Merisi che aveva rassegnato le sue dimissioni a Papa Francesco per sopraggiunti limiti di età.

Nella giornata di ieri, martedì 26 agosto 2014, solennità di Sant’Alessandro martire, patrono della città e della diocesi di Bergamo, all’indomani del compleanno di monsignor Malvestiti, è stata resa nota la sua nomina a vescovo di Lodi in cattedrale a Bergamo, al termine della celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Beschi. Il medesimo annuncio è stato diramato a Roma nella sede della Congregazione per le Chiese Orientali dal prefetto, il cardinale Leonardo Sandri, alla presenza dello stesso monsignor Malvestiti. E, come rendiamo noto nella pagina a lato, nel mezzogiorno di ieri, presso la Sala Gialla del palazzo episcopale di Lodi, monsignor Giuseppe Merisi ha comunicato ai responsabili degli uffici di Curia, ai canonici della cattedrale, ai vicari foranei e ai parroci della città di Lodi, la nomina del suo successore.

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«Lei è il direttore del “Cittadino”? Mi dicono sia un giornale molto radicato e molto letto nel territorio….».

È vero, monsignore, e questo nonostante il suo direttore.

Sorride, monsignor Malvestiti, raggiunto nella giornata di ieri, presso i suoi uffici romani, in via della Conciliazione. Risponde subito al telefono, senza curarsi di farsi dire chi ci sia dall’altro capo del telefono e perché. È da poco passato il mezzogiorno, monsignor Merisi ha appena annunciato alla diocesi chi sarà il suo successore alla guida della Chiesa di Lodi. Il campanone della cattedrale sta battendo gli ultimi rintocchi, dopo il grande concerto dei campanili della città, che hanno suonato a festa, tutti insieme.

Monsignore, non è mai stato a Lodi?

«Mai. È l’unica cattedrale di Lombardia che non ho mai visitato. Quando ero a Bergamo con il Seminario abbiamo compiuto numerose uscite in tutta la regione, mi sono sempre rammaricato di non essere mai stato a Lodi, in un’antica cattedrale trasformata da monsignor Benedetti, un vescovo bergamasco, che l’ha riportata alle origini romaniche».

Beh, tra non molto avrà modo di ammirarla…

«Davvero. Guardi cosa mi è capitato. Non avrei mai immaginato che sarei giunto a Lodi come vescovo».

Lei è stato consacrato sacerdote proprio nell’anno in cui monsignor Oggioni veniva trasferito da Lodi a Bergamo.

«È vero. Sono diventato prete l’11 giugno 1977, a consacrarmi fu però il vescovo uscente, monsignor Clemente Gaddi. Monsignor Oggioni era già stato appena nominato quale nuovo vescovo di Bergamo però non aveva ancora preso possesso della diocesi».

Dicono che lei porti Bergamo nel cuore.

«Bergamo è sempre stata la mia Chiesa. Ho trascorso quindici anni nel Seminario di Bergamo, quale educatore, in città alta, a pochi passi dalla cattedrale. Durante i vent’anni trascorsi a Roma non ho mai dimenticato la mia terra d’origine. E poi, i bergamaschi non mi hanno mai lasciato in pace».

Perché?

«Tantissime volte i sacerdoti della mia diocesi, le comitive provenienti dalla mia terra e in pellegrinaggio a Roma, i compagni di Seminario o gli alunni diventati preti non hanno mancato di coinvolgermi, e questo mi ha sempre reso molto felice. Ho veramente mantenuto strettissimi rapporti con tutta la diocesi».

Me ne sono accorto anche attraverso Internet. Sono decine gli articoli che segnalano la sua presenza in un’infinità di parrocchie e di località della diocesi di Bergamo, dove l’hanno chiamata a prendere la parola in incontri e convegni, a celebrare feste patronali, a presiedere le processioni del Corpus Domini. Insomma, lei resta un bergamasco doc…

«Ho dimostrato di esserlo anche domenica scorsa, 24 agosto, nella Basilica di San Pietro. Ero con il vescovo di Bergamo che aveva guidato il pellegrinaggio dei giovani venuti da Assisi a Roma per “vedere Pietro”».

Appunto, mi parli di questo evento. Nel suo primo messaggio indirizzato alla diocesi di Lodi lei scrive che “il Papa mi ha incoraggiato in modo tanto paterno, consegnandomi la benedizione apostolica per la Chiesa di Lodi”.

«Domenica sono arrivati a Roma 600 ragazzi bergamaschi, giunti in pellegrinaggio, a piedi, da Assisi. Abbiamo chiesto al Papa di poterlo incontrare privatamente, nel pomeriggio, e Papa Francesco ha accettato. Stavamo preparandoci all’incontro in basilica quando il Papa mi ha chiesto: “Non è ancora stata pubblicata la tua nomina?”. No, Santità, verrà resa nota martedì prossimo. E il Papa: “Va a Lodi con la mia benedizione nel cuore!”».

Lei pensa che l’esperienza vissuta a Roma possa tornarle utile a Lodi?

«In questi vent’anni trascorsi a Roma, a contatto con le Chiese Orientali, ho avuto modo di compiere un tuffo nelle origini del cristianesimo. Sono sicuro che la mia testimonianza servirà anche alla diocesi di Lodi, contribuirà a nutrire la nostra fede».

Mi hanno colpito le sue parole in un’intervista rilasciata cinque anni fa, nell’allora imminente sinodo per il medio oriente. In essa lei parlava di pace e di immigrazione. Due temi che oggi sono diventati di scottante attualità.

«Dicevo che dopo la pace, che era sempre fragile e che oggi è purtroppo del tutto assente, costituisce un problema l’inarrestabile fenomeno migratorio, il quale richiede uno sforzo intelligente e deciso a livelli non solo locali: comunità spesso modeste per numero e per mezzi sono private delle migliori risorse. L’Oriente senza cristiani non sarà più se stesso. A quanti poi l’hanno lasciato va garantita un’adeguata cura pastorale perché rimangono spiritualmente orientali».

Il nostro approccio all’Oriente può interessare da vicino la comunità lodigiana?

«Credo di sì. L’oriente è sempre più tra noi attraverso tanti suoi rappresentanti alla ricerca di migliori condizioni di vita. Si impone una conoscenza più approfondita, e la possibile accoglienza, improntata evidentemente a prudenza, ma anche a fiducia, nonostante la pesante congiuntura economica e sociale che stiamo attraversando».

Anche in diocesi di Lodi stanno crescendo i gruppi di cristiani orientali.

«Questi ultimi, insieme a quanti professano altre religioni, ci offrono non raramente il benefico entusiasmo spirituale di cui abbondano ed esempi di rettitudine e generosità. Così interpellano quanti tra noi sono religiosamente demotivati o indifferenti. La comunità ecclesiale, dal canto suo, deve continuare ad offrire a tutti indistintamente la testimonianza evangelica. Questo interscambio coltiverà un’autentica libertà religiosa e darà vigore alla sensibilità umana e allo spirito di solidarietà che distinguono la terra di Bergamo, come quella del Lodigiano. E attestano l’impronta della carità cristiana nel nostro tessuto culturale e sociale».

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