Il silenzio e la speranza che anticipano la Pasqua

La riflessione del vescovo di Lodi, monsignor Maurizio Malvestiti

Silenzio e speranza: due parole bastano a fare sintesi del sabato santo, preludio della Pasqua. E a definire l’avventura cristiana nella storia offrendo una parabola efficace del passaggio di ciascuno nel tempo. Vorremmo carpire i giorni che ci sono dati, tentando di non perderli mentre ci sfuggono inesorabilmente dalle mani. Anch’essi sostengono però il desiderio di eternità felice, che è tanto insopprimibile da coincidere col nostro essere uomini e donne pensanti e attratti dall’amore e dalla vita. L’augurio ai lodigiani e alle lodigiane, sempre cordiale e amichevole, va in questa direzione ed è tradizionalmente affidato ad un’immagine, che cerco di alternare attingendo al patrimonio spirituale cristiano sia dell’Oriente sia dell’Occidente.

Quest’anno, a dare una prospettiva di pace al nostro scambio augurale è un’icona scritta a Creta, isola vicina alla Terra Santa, donata al vescovo in visita pastorale

Due anni orsono, alla prima pasqua di guerra per l’Ucraina, la scelta cadde sul mosaico che, all’interno della basilica romana di Santa Sofia, centro spirituale degli ucraini bizantini in Italia, riproduce la stessa scena del Risorto qui riportata. Quest’anno, a dare una prospettiva di pace al nostro scambio augurale è un’icona scritta a Creta, isola vicina alla Terra Santa, donata al vescovo in visita pastorale. I colori vivaci e l’ornamento aureo attestano la dimensione del compimento operato da Cristo, che riconcilia l’umanità colCreatore e Padre, rialzando Adamo dalla caduta originaria e tenendolo per mano al cospetto di Eva, sotto lo sguardo di antiche figure profetiche e angeliche. L’icona è collocata nella cappellina privata della casa vescovile, la quale non compete con la solenne cappella palatina, dove è ospitato il museo diocesano, con l’insuperabile gioiello rappresentato dal “tabernacolo del Pallavicino”. È un ostensorio eucaristico d’argento, veramente prezioso, di fine XV secolo. Ne faccio menzione a motivo del Signore trionfante, che campeggia sulla sommità del cupolino sopra il tempietto per l’accoglienza dell’Ostia consacrata, e dei misteri pasquali che vi sono finemente riprodotti.

La citazione dell’Oriente mi dà l’opportunità di rinnovare la richiesta di una preghiera o di un ricordo solidale a favore della Terra Santa e dell’Ucraina

Così la Pasqua 2024 è narrata da due testimonianze artistiche che concorrono insieme a dire la centralità del Crocifisso Risorto e dell’Eucaristia, che ne è il memoriale, sia per la fede cristiana sia per la storia e la cultura della nostra terra. La citazione dell’Oriente mi dà l’opportunità di rinnovare la richiesta di una preghiera o di un ricordo solidale a favore della Terra Santa e dell’Ucraina, idealmente unite a proclamare la follia di ogni guerra e l’urgenza assoluta della pace per la comunità dei popoli e delle nazioni.

La Pasqua è la nuova creazione, è il compimento impensabile e formidabile di quella luce, che diviene eterna

Silenzio e speranza sono però da qualificare. Non si tratta di un silenzio vuoto bensì di un rimando alla primordiale culla feconda che precede il “fiat lux” della creazione (Genesi 1,3). La Pasqua è la nuova creazione, è il compimento impensabile e formidabile di quella luce, che diviene eterna, e che interpella la libertà e la volontà, convocando in dialogo il silenzio, perché rimane fitto il mistero che ci avvolge, ma sicura la speranza, perché al “nulla” mai ci rassegneremo attratti come siamo dal fascino del “Tutto”. Un dialogo che mette in fuga le tenebre e le opere che esse generano con la complicità della menzogna e della corruzione, dell’odio e della vendetta, tutti parenti stretti del potere e non certo del servizio in gratuità e fraternità.

Entrando nell’oscurità della cattedrale, l’umile cero è accompagnato dall’annuncio: “la luce di Cristo”

Decisa deve essere a Pasqua la nostra scelta per la luce. Il rito del “lucernario” che apre la veglia pasquale ha questa finalità. Entrando nell’oscurità della cattedrale, l’umile cero è accompagnato dall’annuncio: “la luce di Cristo”. Cantato o almeno proclamato è approdato al terzo millennio questo annuncio proiettandoci sempre su un futuro “targato speranza”. Ogni uomo e donna fin dal grembo materno incontra il silenzio alleato di quella speranza che ogni nascita porta con sé con un potenziale inaudito di gioia. Cosa non è il battesimo cristiano se non una rinascita ad opera della croce che da “scandalo e stoltezza” diviene “giustizia di Dio”. E addirittura un trono (regnavit a ligno Deus) dal quale è l’Amore finalmente a regnare con quella potenza che trasfigura ogni debolezza. La luce giudica la storia, certamente, ma non per condannarla bensì per avvicinarla alla verità senza la quale ha il sopravvento l’inimicizia e con essa la divisione fino alle conseguenze estreme che anche la nostra epoca conosce drammaticamente.

Una voce meritano poi le giovani generazioni in attesa sempre della nostra luminosa testimonianza a favore della vita. Anche per superare la fatica avvertita nel contesto lodigiano in questi ultimi tempi fino a registrare reiterati episodi di violenza addirittura preadolescenziale

Sono eloquenti il silenzio e la speranza pasquali. Non temono di difendere ad esempio la vita in faccia a quanti reclamano il “diritto” di non accoglierla o di toglierla. Va detto ancor più a Pasqua: il rispetto serio per le posizioni altrui deve consentire di andare controcorrente quando la coscienza retta lo esige. Una voce meritano poi le giovani generazioni in attesa sempre della nostra luminosa testimonianza a favore della vita. Anche per superare la fatica avvertita nel contesto lodigiano in questi ultimi tempi fino a registrare reiterati episodi di violenza addirittura preadolescenziale. E non possiamo lasciare nel silenzio della dimenticanza, che non è affatto quello pasquale intimamente unito alla speranza, nemmeno il mondo del lavoro, recentemente interessato da preoccupanti crisi occupazionali. Il Risorto ci impegna ad oltranza nella cura degli uomini e donne nella loro concreta esperienza. Che è fatta di innegabili aspirazioni alla gioia e alla pace. È percezione profonda di una festa infinita, che la Pasqua risveglia a beneficio dell’intera famiglia umana.

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