Il Seminario di Lodi brilla di nuova luce

Ieri la benedizione del Vescovo dopo l’intervento alla struttura

Ridente, forse, non lo sarà mai, ma da oggi il severo edificio che ospita il Seminario di XX Settembre brilla di nuova luce, grazie all’imponente opera di restauro che ha interessato gli intonaci esterni, gli infissi e le coperture. Dopo oltre due anni di lavoro, ieri mattina il “nuovo” Seminario è stato ufficialmente inaugurato in presenza del vescovo di Lodi monsignor Giuseppe Merisi, del rettore monsignor Bassano Padovani e di tutti «gli amici della società civile», giunti ad ammirare l’ottimo risultato conseguito dal cantiere. Da oggi i dodici seminaristi che vivono stabilmente in Seminario, a cui si aggiungono i 40 studenti che quotidianamente lo raggiungono da Crema, Cremona e Vigevano, potranno passeggiare in cortile senza più dover incontrare nel proprio campo visivo le impalcature che fino a qualche mese fa avvolgevano i quattro corpi di fabbrica dell’edificio. Al loro posto sono riaffiorate le linee austere disegnate dall’architetto milanese Felice Pasquè, autore del progetto che, a partire dal 1939, mutò radicalmente il volto del vecchio Seminario. Della struttura originaria, risalente all’ultima metà del Cinquecento, non è rimasto praticamente più nulla, nemmeno nella suddivisione degli spazi abitativi: il restauro di Pasquè spazzò via completamente i vecchi edifici, erigendo al loro posto un complesso architettonico in puro stile razionalista, come si nota osservando la disposizione equilibrata degli elementi decorativi (balconi, balaustre, lesene), il contrasto cromatico dei marmi che rivestono la facciata e le fitte schiere di finestroni che danno all’edificio un’aura quasi metafisica. Ma la scelta di inserire così tante finestre non dipense da ragioni puramente stilistiche, quanto da esigenze di carattere igienico: prima del restauro del ‘39, infatti, la struttura era composta da due vecchi edifici privati, acquistati dalla Diocesi nel 1575 e trasformati in seminario sette anni più tardi. Si trattava di ambienti poco areati, scuri, in cui mancavano quasi del tutto i servizi igienici. Fu per questo motivo che monsignor Pietro Calchi Novati, allora vescovo di Lodi, scelse il progetto di Felice Pasquè, un giovane architetto membro della Commissione arte sacra della Diocesi di Milano, già noto per aver realizzato il santuario di Santa Rita, vicino a piazzale Corvetto. Nella sua ottica il Seminario avrebbe dovuto essere un luogo pieno di aria e luce, esattamente quello di cui avevano bisogno i 120 ragazzi che lo frequentavano. Le geometrie disomogenee degli edifici originali vennero dunque appianate, lungo i corridoi e nei dormitori si aprirono ampie vetrate e sul lato posteriore del complesso venne eretta una torre dotata di cisterna per la raccolta dell’acqua. L’unico elemento cinquecentesco a sopravvivere fu la chiesa di san Tommaso, la cui facciata è ancora oggi visibile all’angolo tra via XX Settembre e via Volturno. Le sue fondamenta risalgono al 1178, ma nel corso dei secoli la chiesa mutò parecchie volte la sua funzione, fino a trasformarsi, sempre sotto le mani del Pasquè, nell’attuale biblioteca, che accanto al patrimonio librario del Seminario conserva anche la grande testa del Cristo Redentore un tempo collocata all’esterno dell’edificio, scolpita da Ettore Archinti. L’ambizioso progetto di Felice Pasquè prevedeva anche altri interventi, ma non venne mai concluso del tutto: la guerra, scoppiata a cantiere ancora aperto, svuotò il Seminario di studenti e risorse, i prezzi dei materiali da costruzione schizzarono alle stelle, e le rette dei pochi seminaristi rimasti non bastarono a coprire le spese. La grande chiesa che doveva sorgere al centro del cortile si fermò al seminterrato, e la passerella sospesa che avrebbe dovuto collegarla al corpo principale non vide mai la luce. I lavori ripresero solo negli anni Cinquanta, quando le iscrizioni ricominciarono a salire e i 180 allievi del Seminario imposero di trovare nuovi spazi. Nel 1957 l’intero complesso venne sopraelevato di un piano e una nuova chiesa venne costruita al centro del cortile, ma il restauro non tenne minimamente conto dei caratteri architettonici del razionalismo, probabilmente in segno di rottura verso una corrente architettonica cara all’estetica fascista. Niente marmi o lesene verde oliva, piuttosto un bel tetto in eternit come si usava al tempo. La bonifica, prima o poi, andava fatta, ed è questa la ragione principale che, due anni fa, ha spinto il Seminario a inaugurare una nuova stagione di lavori in corso. Questa volta il restauro è stato condotto in un’ottica assolutamente conservativa, perché un luogo di così grande interesse spirituale e artistico potesse tornare, come un tempo, a ingentilire con le sue linee eleganti il cuore storico della nostra città.

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