I vescovi lombardi incontrano il cardinale Pizzaballa

Il pellegrinaggio Nella giornata conclusiva del viaggio in Terra Santa

Gerusalemme

«Ciò che è accaduto il 7 ottobre è qualcosa di terribile. A Gaza si è andati oltre ogni limite»: il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca dei Latini, si è espresso così ieri, ricevendo la Conferenza episcopale lombarda in pellegrinaggio in questi giorni in Terra Santa. Un’ora e mezza di serrato confronto sui temi dell’attualità, con un’attenzione speciale alle comunità locali, alle sofferenze e ai timori attraversati dalle popolazioni, al dialogo interreligioso, a un futuro di pace. «Qui è importante essere presenti, ascoltare, condividere la vita e, per quanto possibile, portare e organizzare gli aiuti. Esprimiamo a tutti vicinanza e solidarietà, senza divenire parte dello scontro». Il conflitto ha rappresentato uno spartiacque. «Il cuore del pastore – ha sottolineato il cardinale Pizzaballa – si nutre anzitutto di preghiera. Ci si mette di fronte alla Parola, che ti aiuta a comprendere. Poi c’è l’ascolto della gente, ed è per questo che ho proseguito le visite pastorali, visitando le comunità» che, lo ha ricordato, comprendono cattolici sia israeliani che palestinesi. «È importante anche il confronto spirituale, con i cristiani ma non necessariamente, che mi aiuta a conservare una certa stabilità». «È difficile parlare di speranza qui, a Gaza, a Taybeh - ha proseguito il patriarca dei Latini -. Non bisogna confondere la speranza con una soluzione politica o qualcosa di esclusivamente umano. La speranza è figlia della fede. Se credi puoi fare qualcosa, puoi impegnarti. Qui sono tante le persone che si impegnano, io li chiamo “i risorti di oggi” perché hanno dentro il desiderio di vita».

La giornata di ieri si è aperta con la Santa Messa di prima mattina al Santo Sepolcro, presieduta da monsignor Mario Delpini e concelebrata dai presuli lombardi, tra questi il vescovo di Lodi monsignor Maurizio Malvestiti e il vescovo lodigiano di Mondovì, monsignor Egidio Miragoli. La risurrezione di Gesù «rivela – ha detto l’arcivescovo di Milano Delpini nella sua omelia – che la speranza è autorizzata ed è proposta la via della salvezza. In questo tempo e in questa terra molti trovano buone ragioni per disperare della possibilità dell’umanità di sopravvivere: ci vogliono molte cautele – ci raccomandano – per sopravvivere. Ma coloro che sono con Cristo, risorti con lui, non possono semplicemente essere cauti per sopravvivere; devono piuttosto vivere, vivere in pienezza, vivere felici, vivere sempre, vivere e dare vita, vivere e fare della propria vita un dono»

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La liturgia eucaristica è stata celebrata all’Edicola che conserva il Santo Sepolcro, una funzione suggestiva vissuta con intensità e preghiera dai partecipanti. Ieri è stata l’ultima giornata del pellegrinaggio del vescovo Maurizio e dei confratelli in Terra Santa.

«Il senso di questo pellegrinaggio condiviso con i vescovi lombardi - ha sottolineato monsignor Malvestiti tracciando un bilancio dell’esperienza - è quello di venire a ricevere speranza prima di tutto e poi a dare quel po’ di speranza che, stando insieme, il Signore ci dona e che il Signore poi moltiplica. Non possiamo dimenticare la parola del Salmo “Tutti là sono nati”. Questa parola allude a Gerusalemme. La Gerusalemme storica deve essere nel nostro cuore - ha proseguito il vescovo Maurizio - per non dimenticare il dono di una chiamata alla Città Celeste di cui ci ha parlato il Patriarca appena incontrato. Ne ha parlato pensando alla distruzione di Gaza, alla pace del Crocifisso Risorto. È più forte di ogni distruzione, è più forte di ogni dolore. Ricomporrà dalle rovine dei cuori, dei fraterni pensieri e delle fraterne collaborazioni. E dalla nostra terra, che abbiamo ridotto in macerie, farà rifiorire una città che si compirà nel cielo, grazie al nostro Dio».

Mercoledì, in occasione della veglia e delle celebrazione nella basilica del Getsemani, la preghiera del pastore della diocesi di San Bassiano «è andata ai sacerdoti, diaconi e seminaristi ad uno ad uno. Tra Calvario e Santo Sepolcro li ho presentati al Signore affinché siano sostenuti come servitori del mistero pasquale nell’Ordine Sacro e insieme a tutti i battezzati annuncino ai poveri e ai ricchi, ai sani e ai malati, a chi gioisce e a chi è smarrito di cuore che Cristo è con noi ed è vita e risurrezione nostra. Mi rivolgo soprattutto ai giovani: la risurrezione li riguarda tutti, essendo una sola cosa con la loro giovinezza che non li deluderà - proprio come la speranza - se nella inevitabile fatica del vivere e dell’amare si avvicineranno col sacrificio della personale fedeltà al fuoco ardente della croce. Ritroveranno se stessi e non andranno mai perduti se affideranno i tremendi perché del vivere e dell’amare all’amore fino alla fine, di cui sa parlare con convinzione il silenzio del Calvario e del Sepolcro del Risorto. Li invito di nuovo in Terra Santa, ricordando il precedente pellegrinaggio diocesano giovanile, ma ne invito tanti altri affinché chiedendo pace per Gerusalemme, lo stesso dono sia dato a quanti la amano». «Tra Calvario e Santo Sepolcro è sospesa in realtà la vita di ciascuno, che ho chiesto al Signore di benedire - ha continuato monsignor Malvestiti -, cominciando dal mondo del lavoro (lavoratori e lavoratrici e datori di lavoro in ogni ambito), per il quale domenica 9 novembre celebreremo il Giubileo a Lodi: il lavoro pesante, precario, insicuro, giovanile e femminile. Tutti ho ricordato: gli operatori della politica, dell’economia, della sanità, della cultura, dell’educazione, dello sport e del tempo libero».

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