Due nuovi sacerdoti:

«Scelti fra gli uomini

in favore di tutti»

A una settimana dall’importante appuntamento

il rettore del Seminario approfondisce il senso

del ministero del prete e i suoi compiti specifici

«Siate consapevoli di quel che fate, imitate ciò che compite». Queste le parole con le quali il vescovo, nella liturgia dell’ordinazione, esorta i futuri sacerdoti ad accogliere con determinazione i doni propri del ministero. Tutti noi figli della terra lodigiana siamo abituati, nella quasi totalità delle nostre parrocchie, ad una presenza del sacerdote stabile e capillare. Lo vediamo adoperarsi in tante cose, attento alle varie età della vita, operativo nei grandi appuntamenti religiosi ed esistenziali di ciascuno: i sacramenti. La sua vicinanza è talmente segnata dalla consuetudine che, forse, neppure più ci interroghiamo su quale sia il senso del suo ministero e quali i suoi compiti specifici o, detti in altro modo, i suoi valori non negoziabili. Proprio a questo riguardo, mi è caro richiamarne alcuni, sia perché suggeriti dal rito dell’ordinazione, sia perché particolarmente rilevanti.

«Ricordatevi che siete stati scelti fra gli uomini... in favore di tutti gli uomini...»: è un limpido richiamo per il sacerdote a essere segno di universalità della -e nella- Chiesa, in tal modo messa in guardia dalla tentazione di essere selettiva e di dimenticare quote significative di umanità e di fedeli. Destinatario della cura pastorale, infatti, è l’intero popolo di Dio, ricco delle sue molteplici sensibilità e forme espressive: a livello di spiritualità e solidarietà, cultura e animazione, arte e impegno civile. Nel suo Figlio, Verbo incarnato, Dio si è fatto vicino e continuamente richiede alla Chiesa di non creare fossati né avallare distanze.

«Per questo, facendo della Parola l’oggetto della vostra continua riflessione, realizzate nella vita quello che insegnate». È la attitudine al discernimento che il sacerdote è chiamato ad esercitare abitualmente. Si tratta, nello specifico, di interpretare situazioni e persone, itinerari di fede e di vita, dal punto di vista di Dio o, in altri termini, sub specie aeternitatis. Alla luce della Parola meditata e della sua personale saggezza, frutto di riflessione e silenzi prolungati, il sacerdote non può esimersi dallo sforzo costante di esaminare ogni cosa e di collocarla entro la “Storia della salvezza”, analogamente al comportamento dell’artista che dispone le “pietruzze” del suo mosaico secondo un disegno solo in parte già dato. Soprattutto, analogamente a Maria, che «custodiva tutte queste cose nel suo cuore».

«Per il vostro ministero i fedeli verranno offerti in sacrificio spirituale, unito al sacrificio di Cristo». Memore del fatto che “sacrificio” non significa primariamente rinuncia, privazione, bensì sacrum facere, vale a dire introduzione di ogni esperienza umana nella piena comunione con Dio e i fratelli, il sacerdote si adopera perché il vissuto di ogni fedele - ed il suo personale vissuto sacerdotale - si trasformi in via che conduce all’intimità con Dio. Questo, in definitiva, il senso del sacrificio spirituale: trasformare intenzionalmente, grazie all’invocazione dello Spirito, ogni gesto, parola, silenzio, in espressione di amore donato e di comunione desiderata.

«Tu fai vivere e sostieni tutte le creature, e guidi l’umanità in una continua crescita, secondo un piano mirabile di conoscenza e amore». È proprio su questa sapienza e su questo amore che si fonda il rispetto per ogni creatura e per l’uomo, in special modo. «Sentimento della trascendenza individuale» -ed ogni persona è trascendenza individuale-, il rispetto per tutti e per ciascuno non può non interrogare il sacerdote e l’intera sua comunità. Oggi più che mai, tempo in cui forte è la tentazione del “cavarsela da soli” e del “fai-da-te”, oltre che apprezzata sensibilità, ritengo compito ineludibile per un sacerdote la attenzione per il profilo trascendente e singolare di ogni persona. A partire da coloro che si incontrano in ragione del ministero e della cura pastorale.

Anche a nome dell’intera comunità del seminario, mi è caro concludere questo scritto con le parole della liturgia collocate proprio nel momento in cui il vescovo metterà nelle mani di don Massimiliano e don Stefano il pane ed il vino: «Ricevi le offerte del popolo santo per il sacrificio eucaristico. Renditi conto di ciò che farai, vivi il mistero che è posto nelle tue mani, e sii imitatore del Cristo immolato per noi».

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