Don Luigi Savarè è “venerabile”

In questi giorni il Santo Padre ha autorizzato l’emissione

del decreto sull’eroicità delle virtù del Servo di Dio lodigiano,

prete ed educatore esemplare. Amatissimo dai giovani, prese

in carico l’“oratorio cittadino”. Morì a 70 anni il 22 marzo 1949

Una talare lisa, punteggiata da mille rattoppi, un cappello sgualcito dai giochi coi ragazzi e un paio di scarpe bucate erano l’uniforme con cui si presentava don Luigi Savarè, presbitero di questa nostra diocesi di Lodi, nato nei pressi di Cremona il 15 agosto 1878 e morto in città il 22 marzo 1949, amatissimo dai giovani e da tanti considerato santo ancora in vita.

Entrato nel Seminario diocesano nel 1981, fu ordinato sacerdote il 6 giugno 1903, nella cattedrale di Lodi, dal vescovo Giovanni Battista Rota, che lo inviò a Corno Giovine, come vicario parrocchiale. In questa comunità di fedeli, svolgendo con intensità e passione il ministero in tutti i suoi aspetti, diede forma pastorale concreta agli orientamenti dell’enciclica di Leone XIII Rerum novarum e agli indirizzi del vescovo Rota, mettendo mano ad iniziative di promozione umana fra le quali spicca la riattivazione, con modalità moderne e quindi maggiormente produttive, di una fornace, che permise a molti padri di famiglia di avere un lavoro e di mantenere così la moglie, i figli e spesso gli anziani genitori sprovvisti di previdenze sociali.

Nell’aprile 1909 fu chiamato dal Vescovo a svolgere il ministero di vicario parrocchiale in cattedrale e soprattutto a prendere in carico il cosiddetto “oratorio cittadino”, che da quel momento fino alla fine dei suoi giorni costituirà il principale ambito del suo ministero. L’oratorio passerà così dal palazzo vescovile alla sede di Via Legnano (poi Collegio Vescovile) a quella di Viale Rimembranze in un fiorire crescente di attività educative, di sezioni, di gruppi, coinvolgendo migliaia di giovani e, di riscontro, le loro famiglie. La carità pastorale di don Luigi non si indirizza solamente ai fanciulli e ai giovani della città, durante le due guerre, infatti, si apre anche ad un’altra categoria di giovani, cioè ai soldati di stanza a Lodi e a quelli, già appartenenti all’oratorio e ora partiti per il fronte, che raggiungerà attraverso le migliaia di lettere scritte nelle ore notturne. Il suo zelo lo conduceva ad interessarsi anche alle famiglie dei ragazzi che frequentavano l’oratorio, soprattutto alle più povere, alle quali non mancava di provvedere in qualche modo.

Lo stile educativo a cui faceva riferimento era quello adottato da San Giovanni Bosco, conosciuto come “metodo preventivo”. Il fiorire di tanta attività nell’oratorio era mutuata proprio dalla convinzione che un ragazzo ben impegnato, che cioè non indulgeva all’ozio, cresceva complessivamente sano.

Nell’impostazione data da don Luigi all’oratorio veniva a crearsi un travaso continuo fra la dimensione ludica, morale e spirituale, per cui l’impegno in un settore dell’oratorio, il gioco, la preghiera, la catechesi, la partecipazione ai sacramenti costituivano l’ossatura della vita oratoriana. Così per anni e anni, ivi compreso il periodo estivo, durante il quale l’oratorio si trasferiva sulle rive dell’Adda, e allora la città vedeva transitare la lunga fila dei ragazzi, preceduta da don Luigi.

Sul giornalino dell’oratorio, denominato “Stille benefiche” si possono leggere alcuni interventi del nostro Servo di Dio dai quali si deduce che l’impostazione dell’oratorio non era lasciata al caso, bensì era frutto di una costante riflessione e di una altrettanto costante messa a punto. Fra tutti i pezzi scritti da don Luigi eccelle, a mio giudizio, quello in cui egli descrive l’importanza del rapporto personale fra il giovane e il sacerdote dell’oratorio, ossia la rilevanza della cosiddetta direzione spirituale. L’anima del lavoro pastorale di don Luigi era costituita dalla dimensione contemplativa della sua vita. Egli ha sempre vissuto una profonda comunione con il Signore Gesù, nutrendola soprattutto attraverso l’adorazione eucaristica, spesse volte nel cuore della notte, dopo una delle sue tante intensissime giornate.

Don Luigi lascia la direzione dell’oratorio cittadino nel giugno 1945, ma viene nominato rettore del santuario di Santa Maria Ausiliatrice, da lui edificato ed abbellito nei decenni precedenti. Il 18 febbraio 1949 viene ricoverato presso la Clinica Santa Savina di Lodi, dove muore il 22 marzo successivo. I funerali videro riversarsi l’intera città lungo il tragitto della bara con le sue spoglie: i piccoli e i grandi resero omaggio all’umile prete che si era lasciato dilatare il cuore dal Signore per accogliere tutti. Due anni dopo, con grande concorso di popolo, la bara con il corpo di don Luigi fu traslata dal cimitero maggiore di Lodi alla chiesa di Santa Maria Ausiliatrice, dove i suoi resti ancora oggi riposano.

Nel 1995 la diocesi di Lodi si è fatta attrice della causa di canonizzazione del Servo di Dio e il 31 ottobre 1996 si tenne la prima sessione del processo diocesano nella chiesa dell’Ausiliatrice. Il 28 giugno dell’anno successivo, nella stessa chiesa, si celebrò l’ultima sessione dell’inchiesta diocesana, consistita nella raccolta dei documenti e nell’escussione di una cinquantina di testimoni. Dopo il decreto sulla validità del processo diocesano e la preparazione della cosiddetta positio da parte dello zelante postulatore don Giuseppe Biffi, il Papa, in questi giorni, ha finalmente autorizzato l’emissione del decreto sull’eroicità delle virtù del Servo di Dio don Luigi Savaré, il quale, proprio perché ha vissuto il Vangelo in modo straordinario, d’ora in poi sarà chiamato “venerabile”, ossia degno di particolare venerazione.

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