Diciassette secoli dopo, la centralità di Nicea

IL CONVEGNO Un incontro organizzato per celebrare il 17esimo centenario di un Concilio che ancora fa riflettere

Un Concilio ecumenico di 1700 anni fa di cui ci si ricorda ancora oggi, recitando la professione di fede. È quello di Nicea, avvenuto nel 325 su convocazione dell’imperatore Costantino, assise dove si dibattè a proposito delle grandi tensioni dottrinali del tempo e si definì con chiarezza la natura di Gesù Cristo, proclamato Figlio di Dio, “consustanziale al Padre”.

L’introduzione

Un anniversario, il 1700esimo, che ha voluto ricordare la delegazione di Lodi, Crema e Cremona dell’Ordine del Santo Sepolcro di Gerusalemme alla presenza del Luogotenente Comm. Angelo Dell’Oro, con l’organizzazione dell’incontro “Nicea: un Concilio da non dimenticare” martedì 30 settembre, alle ore 20.30, nel coro delle Clarisse dell’ex Chiesa di Santa Chiara Nuova a Lodi, a cui era presente anche il vescovo Maurizio. «Nicea, come dice papa Leone non è solo un evento del passato, ma una bussola che deve guidarci verso la piena unità dei cristiani - ha detto monsignor Malvestiti, che è anche Gran Priore della Luogotenenza per l’Italia Settentrionale, nella sua introduzione -. Papa Francesco, in un messaggio al patriarca di Costantinopoli nel 2024, aveva manifestato il desiderio di commemorare, nel 2025, il Concilio. In questo senso va letto il primo viaggio apostolico che papa Leone effettuerà in Turchia a novembre». Papa Francesco disse che l’anniversario del primo concilio si configura come un’opportunità per dare evidenza dell’unione di tutti quelli che sono stati battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, ha fatto notare il vescovo: «Tutti i cristiani continuano a professare la loro fede con le parole del credo niceocostantinopolitano. Perciò l’anniversario sarà un messaggio di unità, in un mondo afflitto da guerra e violenza». Il vescovo ha poi concluso parlando di varietà, che è ricchezza, e non va temuta: «La verità del Vangelo possiamo condividerla nel confronto e nel dialogo. Nicea ci chiede di avvicinare tutte le tradizioni cristiane per assimilare la fede comune e trovare un linguaggio unanime per interpretare l’oggi della fede e andare più possibile verso l’autenticità».

La relazione

Quindi parola al relatore monsignor Roberto Vignolo, docente emerito di Sacra Scrittura della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e tuttora docente della medesima disciplina all’Istituto Superiore di Scienze Religiosa “Sant’Agostino”, nonché accademico della Biblioteca Ambrosiana. «Un concilio si convoca quando c’è una tensione o molte tensioni all’interno del popolo di Dio, ossia presenza di punti di vista diversi - ha fatto presente monsignor Vignolo -. La storia degli ordini religiosi è la testimonianza più lampante della varietà di modi di sentire il Signore. Tutti i concili sono un confronto di punti di vista e in certi casi servono a mettere paletti all’interno dei quali è possibile proporre anche una pluralità di punti di vista. Questi paletti noi li chiamiamo dogmi». Infine, facendo riferimento anche a diversi testi e documenti sul tema, monsignor Vignolo ha ricordato l’importanza del dialogo: «Adagio con i Sinodi, parlarsi prima è meglio di scriversi».

Il contesto

Come ricordato ad inizio serata dal delegato dell’Ordine, Angelo Madonini, l’iniziativa ha trovato posto nel solco delle celebrazioni che la Chiesa universale e le Chiese locali stanno dedicando al ricordo del Concilio di Nicea «da cui ha avuto origine non solo la professione di fede che ancora oggi recitiamo, ma un cammino ecclesiale ed ecumenico che giunge fino a noi».

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