A San Gallo con il vescovo per il quarto Columban’s Day

Monsignor Malvestiti con la parrocchia di San Colombano all’evento in Svizzera nel weekend

È la 24esima volta che, a partire dal 1998, con i primi quattro Columban’s Day tenutisi a San Colombano al Lambro, ogni anno le parrocchie e le realtà di San Colombano in Europa, si ritrovano. Anche quest’anno la comunità banina sarà presente con un gruppo di 45 pellegrini a San Gallo, in Svizzera, accompagnati dal vescovo della diocesi di Lodi monsignor Maurizio Malvestiti e dal parroco don Attilio Mazzoni. Sarà un evento senza precedenti, al quale prenderanno parte per la prima volta anche le parrocchie di San Gallo, in quanto verranno ricordati e venerati per la prima volta insieme, dopo 14 secoli, due grandi uomini di fede che hanno contribuito a dare all’Europa un’anima cristiana e alla Chiesa quell’unità che i credenti di ogni tempo invocano.

Per l’occasione giungeranno le reliquie insigni di San Colombano da Bobbio per una Veglia di preghiera sabato sera 8 luglio che precederà la Messa solenne in cattedrale domenica 9 luglio alle ore 10,30 presieduta da monsignor Markus Buchel, vescovo di San Gallo, e concelebrata da altri vescovi (tra questi il vescovo di Lodi Maurizio e quello di Piacenza) e parroci e sacerdoti provenienti da varie regioni d’Europa. Un incontro con il sindaco della città svizzera sarà domani alle ore 15 al Rathaus, mentre il Vescovo diocesano incontrerà i concelebranti domenica alle ore 9 in una grande sala adiacente la cattedrale. Il tradizionale pranzo del pellegrino chiuderà i vari momenti in programma, tra cui anche la visita della famosa biblioteca (patrimonio dell’Unesco) a cui i partecipanti al meeting potranno accedere gratuitamente per l’occasione. San Gallo nacque in Irlanda verso la metà del secolo VI, fu uno dei dodici discepoli di San Colombano, che lo accompagnarono nel continente.

Visse prima a Luxeuil col suo maestro, poi lo seguì di nuovo nei suoi spostamenti, specialmente quando partì per l’esilio nell’anno 610. Insieme andarono fino a Bregenz, sulle rive del lago di Costanza, ma allorché Colombano dovette partire per l’Italia, verso l’anno 612, si separarono e Gallo andò con qualche compagno a stabilirsi in Svevia, ad ovest di Bregenz, presso la sorgente dello Steinach, dove visse come eremita con alcuni fedeli, e dove, verosimilmente, morì in data indeterminata, fra gli anni 630 e 645. L’episodio più noto e spesso male interpretato e travisato è proprio la separazione di Gallo da San Colombano: quando questi si mise in strada per l’Italia, Gallo, ammalato, chiese il permesso di restare. Colombano, credendo forse che la malattia nascondesse l’attaccamento ad un luogo calmo e gradevole, rimproverò Gallo perché considerò questo un rifiuto ad affrontare pene e fatiche. Poiché l’obbedienza è fondamentale nelle regula monachorum come penitenza gli avrebbe vietato di celebrare Messa finché vivesse. Gallo sarebbe infatti rimasto diversi anni senza salire all’altare.

Avvertito miracolosamente della morte di Colombano, oltre a celebrare la sua prima messa in suo suffragio, inviò un messaggero per verificare i fatti. A Bobbio, il messaggero ritornò portando il perdono di Colombano e il suo bastone abbaziale lasciato al suo amato discepolo come pegno di riconciliazione. Sappiamo molto bene che la separazione fu assai dolorosa per Colombano che vedeva in San Gallo, tra i compagni di viaggio dall’Irlanda, quello che più di altri era degno di succedergli laddove il Signore l’avrebbe guidato a fondare il suo ultimo monastero. Noi, discepoli di questi due maestri di vita, torniamo in quel luogo dove avvenne quella dolorosa separazione perché, nella riconoscenza per le gesta e l’opera gloriose di entrambi, sappiamo trarre insegnamento dai fatti che seguirono a quell’episodio che è sempre apparso eccessivo e duro ma che vede poi nella riconciliazione il trionfo dell’amore che ha sempre animato i due amici. Ci venga in aiuto Colombano che seppe parlare di Dio in un mondo, il suo, non così tanto diverso dal nostro, in preda a una crisi profonda di valori e di fede senza precedenti, di sgretolamento delle certezze nell’impero che stava venendo meno, di una Chiesa attraversata da eresie e in preda a corruzione e a fenomeni che minavano nelle fondamenta l’unità.

Egli non ebbe mai a scoraggiarsi di annunciare la verità di Dio di fronte ai pagani più sordi, di fronte ai fallimenti e alle sconfitte più evidenti, ma sempre fiducioso di aver gettato almeno un seme in un terreno inospitale che sarebbe prima o poi germogliato, nella stagione di una nuova evangelizzazione, per creare un futuro promettente. Mai avremmo pensato di tornare, dopo più di 1400 anni, come discepoli dell’abate maestro e del discepolo amato nel luogo della loro separazione per celebrare l’opera di due protagonisti dell’Europa di quel tempo alla luce di ciò che li ha uniti e non tanto di ciò che li ha separati. Sono quei gesti carichi di significato che rileggono la storia spesso superficialmente giudicata.

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