A Natale riscattiamo la piccola e povera terra con la speranza

Il messaggio del vescovo di Lodi, monsignor Maurizio Malvestiti

La piccola e povera terra che abitiamo, a Natale, rinasce per una festa che alla fine riesce sempre bene ad universale consolazione. San Bassiano, al quale è dedicata l’immagine natalizia di quest’anno a motivo dei 1650 anni dall’ordinazione come primo vescovo di Lodi, sembra allargare le braccia per accogliere la terra e presentarla alla famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe affinché sia avvolta dalla loro gloria una volta liberata dagli affanni. Del resto, è conscia di avercela fatta finora perché in realtà è grande nel pensiero di Dio Creatore e Padre, avendole fatto l’impensabile dono del Figlio venuto nella storia. Certo, questa è la convinzione dei cristiani, che, tuttavia, tra mille prove - passate e presenti, anche estreme - sono riusciti ad impensierire il mondo con l’annuncio del Dio vicino, che addirittura sposa la terra (cfr Isaia 62,1-5).

Piccola e al contempo grande è la terra anche per come l’hanno amata in tanti nel fascio forse infinito dei millenni impegnati in un dialogo, a noi ancora poco noto, con l’immenso universo. La piccola e povera terra si veste di luci e di ombre, quelle del giorno e della notte, ma anche delle vicende di uomini e donne chiamati ad abitarla da amici, non da ingordi sfruttatori dimentichi che i beni materiali e spirituali di cui è ricolma, nonostante le profonde ferite, sono destinati a tutte le generazioni. A Natale vogliamo riscattarla, offrendole una buona dose di speranza, curando cioè i cuori con parole vere perché accompagnate da solidarietà autentica al fine di crescerne tra gli uomini e le donne di oggi i custodi consapevoli e attivi. E da chi cominciare, se non dai più simili alla sua fragilità, i piccoli e i poveri in dignità. È questa, infatti, la vera povertà: la mancanza di dignità. Che comprende la penuria di beni materiali essenziali, evidentemente, mai disgiunti dalla dimensione dello spirito, senza la quale non vi è umanità. Lo spirito ci qualifica come pensanti e amanti chiamati a tutelare, coltivare, moltiplicare ogni opportunità materiale e spirituale nella condivisione per fare della terra la casa “dignitosa” per tutti. Cultura ed educazione sono gli indicatori di un proficuo percorso in questa direzione.

E, se permettete, la religione intesa come coscienza dell’umano, la più sicura, affinché esso rimanga geloso della pienezza da cui viene e che lo attende. Dalla pienezza scaturisce il grido benefico che la piccolezza e la povertà instancabilmente offrono alla società perché mai si rassegni a traguardo alcuno che escluda l’orizzonte dell’Eterno Creatore e Padre.

Chissà a cosa potranno somigliare dagli osservatori astronomici lontani e vicini i fuochi non di festa ma di violenza che illuminano a morte vaste regioni del pianeta a cominciare dalla non lontana Terra Santa e dall’Ucraina. Lo sconfinato universo è disturbato dal frastuono distruttore delle armi. Disturbato da lampi strazianti che si spengono solo dopo aver fagocitato nella morte, avida di vendetta, uomini e donne, di ogni età e condizione, innocenti e colpevoli. Un universo forse incredulo a tanto rumore tra la notte dei tempi e gli anni della luce.

È ancor più Natale proprio per questo. In questa piccola terra e nell’immenso universo. Anche se nelle nostre stesse famiglie troviamo lacrime da asciugare per altri conflitti non meno dolorosi. Quelle per Giulia di Padova, i cui familiari ci hanno insegnato inequivocabilmente cosa significhi dignità! Dobbiamo testimoniare ancor più il vero Natale quando gli affetti più cari sono condannati a morte non da pericoli imprevedibili ma dagli stessi affetti avvelenati e degenerati nella disperazione. Che dire di due figlie che col compagno, in Lombardia, hanno progettato la morte della madre, compiendola e freddamente occultandola? Tutto per cosa? Una condanna! E il giovane che due giorni fa a Praga ha colpito senza appello i suoi coetanei in università solo perché affascinato dal male. Unde malum? L’antica domanda non intristisce il Natale. Ne indica la necessità purificatrice per ogni uomo e donna, ricordando che il Vangelo e l’esperienza umana non consentono di ironizzare sul male e sul divisore! A contaminarci non è ciò che entra in noi ma ciò che esce dal cuore incustodito (cfr Mc 7,20). Siamo da purificare, altrimenti il male ci supera travolgendo il contesto familiare, ecclesiale e sociale in cui viviamo. Cultura, educazione, religione non tergiversino al riguardo. Hanno la responsabilità di dilatare il Natale. Il bene va conquistato e riconquistato quotidianamente. Vigilando perché mai prevalga il sonno dello spirito con ciò che può generare.

L’augurio all’intera comunità lodigiana è accompagnato dall’abbraccio ai giovani e alle giovani, che sono sempre e comunque il più vero Natale, al fine di sostenerli nella spontanea propensione al bene, all’unità e alla pace. Li affido tutti al giovane don Roberto, sacerdote all’Oratorio di Paullo, che ci ha appena lasciati ed è tenuto a vegliare sui suoi coetanei. Ne ho incontrati diversi in questi giorni tra gli universitari cattolici che desiderano aprirsi a tutti gli studenti; al Cesaris di Casale e al Tosi di Codogno; nelle comunità ecclesiali, compresa quella del Seminario, e persino nel carcere cittadino.

Se siamo vicendevolmente animati da rispettosa e cordiale condivisione, la zizzania mai avrà la meglio sul buon grano, che in realtà tutti noi siamo (cfr Mt 13,24-30). Estirperemo la radice del male, non da soli ma con Colui che a tempo debito rivelerà i segreti dei cuori (cfr 1Cor 4,5). Può essere ancor più Natale proprio quando si cade, purché non confondiamo ciò che passa con ciò che rimane (cfr Mt 24,35). Auguri.

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