
Cronaca / Centro Lodigiano
Martedì 21 Giugno 2011
Uno spiraglio per il “resort” fra i colli
Perizia per l’ex monastero della Valbissera, abbandonato da anni
Uno spiraglio per il complesso della Valbissera di San Colombano. L’antico monastero che l’imprenditore Enrico Morini voleva trasformare in hotel di lusso potrebbe uscire dalla situazione di degrado in cui versa ormai da almeno sei anni. Il commissario liquidatore ha infatti nominato un perito per effettuare una stima dell’immobile, immerso nei vigneti, al fine - con tutta probabilità - di metterlo in vendita. La conferma arriva dal sindaco banino, Gigi Panigada, che lancia dunque un messaggio di speranza. «La stima dovrebbe essere finalizzata alla vendita del complesso - afferma - anche il Comune è stato contattato dal perito incaricato dal commissario liquidatore e ha fornito una serie di dati sull’area. La proprietà, oltre all’immobile della Valbissera, comprende anche alcuni terreni coltivati a vigneto, che sono stati però dati in affitto a un’azienda vitivinicola di San Colombano. La vendita del complesso, dunque, dovrà tenere conto anche di questo elemento».
Il progetto per fare dell’ex monastero della Valbissera un resort di lusso, con albergo, sale convegni e beauty farm, risale al lontano 2000. Il committente era la San Pietro Srl, azienda della galassia Morini. Dopo pochi anni il crack dell’imprenditore informatico pavese e lo stop al cantiere. Cantiere che oggi è in stato di completo abbandono. Il cartello con le indicazioni sul committente e sulla durata dei lavori è scomparso. Le recinzioni sono in parte divelte e l’accesso all’area di lavoro è libero a chiunque. Nei pressi dell’ingresso si trovano alcuni copertoni di un camion, ammassati, e lastre di eternit accatastate. Tutto attorno erba alta, la stessa che si trova anche all’interno del cantiere, dove la situazione non è migliore. Si notano cumuli di detriti e macerie e, in un angolo, tra l’erba, spuntano alcuni bidoni abbandonati. La grande gru montata per effettuare i lavori sull’immobile settecentesco è ferma da tempo, ma rimane al suo posto. I container del cantiere sono andati invece distrutti e le tracce di un incendio sono ancora ben visibili. Le tegole della chiesetta sono danneggiate. L’edificio principale, di tre piani, mostra in tutta la loro evidenza i segni dell’incuria. Il tetto almeno in parte è da rifare: le tegole infatti si sono spostate o sono cadute a terra, a causa probabilmente anche delle intemperie. Il lavoro di restauro è fermo a metà, i rinforzi in cemento armato inseriti sotto la copertura sono ancora ben visibili, come pure i forati in cotto e le travi in legno. Mancano invece tutte le rifiniture. E per un tratto, il cornicione si è staccato dalla sua sede originaria e penzola a mezz’altezza. È l’emblema di un “gioiello” lasciato a sé stesso ormai da troppo tempo.
Lorenzo Rinaldi
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