Sant’Angelo, adesso c’è l’ipotesi di istigazione al suicidio

Per la morte di Giovanna Pedretti scatta la ricerca ai potenziali corresponsabili

È stata iscritta nelle scorse ore una prima ipotesi di reato nel fascicolo aperto dalla Procura di Lodi per la morte di Giovanna Pedretti, la ristoratrice di 59 anni di Sant’Angelo Lodigiano

trovata morta nel Lambro con i polsi tagliati domenica pomeriggio dopo che venerdì e sabato era finita su social e giornali, dapprima elogiata per aver pubblicato un post in cui prendeva le distanze da una recensione omofoba contro il suo locale Le Vignole e poche ore dopo criticata per l’ipotesi che quella recensione fosse un falso colto o addirittura creato da qualcuno allo scopo di dare notorietà alla sua attività: nonostante la cautela e il riserbo è trapelato che il titolo di reato è l’istigazione al suicidio. Fatta salva la presunzione di non colpevolezza, un passaggio tecnico per poter compiere tutti gli accertamenti che si riterranno necessari. Per ricostruire prima le ultime tragiche ore della donna, e poi inquadrare le tre giornate precedenti, dalla ribalta mediatica all’interrogatorio cui era stata sottoposta come persona informata sui fatti per indagare, per prima cosa, sui contenuti discriminatori di quella recensione.

Sta di fatto che al blog di Telegram in cui un cuoco aveva per primo sollevato il l’ipotesi della recensione falsa, facendo “debunking”, erano seguiti più di mille commenti, alcuni dei quali descritti da chi li ha visti come molto pesanti nei confronti di Giovanna Pedretti. Un dito puntato, grosso come Internet probabilmente dal punto di vista della pizzaiola, anzi, un coro urlante, un “crucefige” di voci cattive e anonime. Colpa di chi ha rivelato una bugia (ma se era davvero una bugia lo accerteranno i carabinieri anche con accertamenti telematici) o di chi per pura invidia e cattiveria ha insultato una lavoratrice? Sarebbe stata la stessa Pedretti, messa sotto pressione dai social, a raccontare al cuoco tanto attivo su Telegram di essersi presentata in caserma per dire la sua verità su quella recensione. Se così è andata, è un segno di quanto sentisse grande quella pressione fatta di parole al vento.

Chi conosceva Giovanna sapeva anche che il suo locale di via Venti Settembre era tra quelli che di clienti ne avevano, e non la vede neppure come una persona in grado di fare “taglia e incolla” con computer e smartphone per fabbricare una recensione falsa. Secondo gli inquirenti anche il precedente del fratello che si tolse la vita più di una decina di anni fa è uno di quei fatti che possono segnare in modo indelebile una persona.

Col senno di poi, se davvero si è tolta la vita, Giovanna ha pagato anche il fatto di non aver pensato che telefonino e televisione si possono sempre spegnere, perché la vita vera è un’altra cosa e al ristorante la gente ci va per mangiare bene. E invece di prendersela doveva rispondere a tanti con un sano “vaffa”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA