Morì in campo, 2 medici a processo

Sotto processo per omicidio colposo e negligenza professionale, i due medici che nel 2009 hanno fatto tornare in campo il calciatore doverese Diego Riviera, morto a soli 16 anni, l’8 dicembre di quello stesso anno per un attacco cardiaco sul campo. Lo ha confermato Cinzia Brescianini, la mamma di Diego, comparsa il 29 marzo davanti ai giudici del tribunale di Milano per portare la sua testimonianza. La prossima udienza è fissata al 27 giugno, quando in aula sfileranno i periti di parte e i medici legali. Una morte, quella di Diego, che frequentava l’istituto Bassi di Lodi, che ha sconvolto il Cremasco e il Lodigiano. Simile tragicamente a quella di Piermario Morosini, il centrocampista del Livorno, che è caduto a terra senza più rialzarsi durante una partita di pallone del campionato di Serie B, suscitando commozione generale, ma anche le discussioni di giornali e reti televisive. «Io è come se avessi visto morire una seconda volta mio figlio - si confida ancora scossa Cinzia -: sono state immagini tremende, sconvolgenti per tutti e soprattutto per chi come me ha vissuto un dramma identico». Quel dramma, ieri, la mamma di Diego l’ha raccontato alla trasmissione Mattino 5, dove è stato proposto il parallelo tra le scomparse dei due giovani atleti, sabato scorso Piermario e l’8 dicembre del 2009 Diego. «L’avevo lasciato presto quella mattina - racconta Cinzia -: andava con il papà alla partita. Mi aveva detto: devo vincere, devo segnare. Faccio come Messi: il segno della croce e guardo il cielo»». Giocherà e segnerà il gol promesso, ma un malore lo farà accasciare sull’erba. Diego, indomito, non s’arrenderà: tenta di rialzarsi, ma ricade di nuovo, questa volta per sempre. Lo portano all’ospedale di Crema e in serata lo trasferiscono al San Raffaele. Tre giorni in coma farmacologico e le macchine che lo tengono in vita vengono staccate, perché il calciatore è cerebralmente morto. La causa? Aritmia ventricolare con arresto cardiaco . «Diego aveva due malformazioni congenite dalla nascita - rivela Cinzia -: gli è stata ablata una via congenita e l’altra no. Una svista fatale, perché hanno tolto quella non pericolosa. C’è un procedimento in corso per omicidio colposo e negligenza professionale: due medici, il primario che l’ha operato e anche il medico che ha certificato che poteva fare attività agonistica sono stati rinviati a giudizio». Per indossare la sua maglia rossa il centrocampista che militava nel Monte Cremasco aveva dovuto sottoporsi a visite specialistiche, durante le quali in realtà erano state riscontrate delle anomalie. «Allora l’ho portato da un luminare, perché volevo il meglio per la sua salute - si sfoga la mamma -: ha monitorato mio figlio e ha detto che dagli esami non risultavano più problemi. È per questo che siamo ritornati per la visita agonistica, che ha confermato che era tutto a posto rilasciando il nulla osta per giocare. Evidentemente i due medici si erano sbagliati e sono stati rinviati a giudizio».

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