Montanaso, chiuse le indaginiper l’omicidio del pescatore

Chiuse le indagini per la morte di Vito Napolitano, il pescatore di 64 anni di Pioltello soccorso semicarbonizzato il 14 agosto nei pressi della sua Seat Marbella in fiamme vicino alla casa Belgiardino a Montanaso il 14 agosto scorso: per Luca M., il 45enne di Boffalora d’Adda già in cura in ospedale psichiatrico giudiziario, l’accusa resta di omicidio volontario. Ora l’uomo, che si trova in carcere già da pochi giorni dopo l’aggressione mortale, rintracciato dai carabinieri del nucleo investigativo di Lodi, potrà decidere di farsi interrogare per chiarire ulteriormente la propria posizione. Che resta «non volevo uccidere, gli ho solo dato il portellone dell’auto sulla testa e sono fuggito».

Invece per il medico legale Maurizio Merlano, che ha eseguito l’autopsia sulla vittima, spirata dopo quattro giorni di agonia all’ospedale Niguarda di Milano, le lesioni mortali non erano una, ma due. La prima, proprio quella causata dal portellone sulla nuca: il gancio di chiusura era penetrato nella scatola cranica causando la fuoriuscita di materia cerebrale. Con un colpo del genere, il pescatore 64enne era finito in coma. Ma, mentre giaceva a terra, l’auto aveva preso fuoco, e non si era potuto difendere dal calore irraggiato dalla plastica e dall’esplosione del carburante: da qui le gravissime ed estese ustioni, che per l’anatomopatologo sarebbero potute bastare da sole per uccidere.

Dell’incendio, però, Luca M. non si ritiene responsabile: nella sua confessione, resa quasi subito ai carabinieri e poi confermata al pm Gianluigi Fontana durante l’interrogatorio, ha ammesso di aver colpito l’amico ma ha sempre negato di aver dato fuoco all’auto. Secondo lui potrebbe essere stata piuttosto la sigaretta che il pescatore aveva in bocca mentre riordinava il bagagliaio a cadere su un indumento di nylon e a innescare il rogo. Una tesi cui l’avvocato Roberto Rota di Lodi, che difende il 45enne, crede: «Era arrivato in bicicletta per raggiungere il suo amico, come avrebbe potuto portare con sé del liquido infiammabile?».

Il pescatore di Pioltello aveva fatto conoscenza con il 45enne in riva all’Adda e spesso lo portava con sé a pescare perché, soffrendo di difficoltà di deambulazione, il lodigiano, oltre a fargli compagnia, gli garantiva una certa sicurezza. Pochi giorni prima della tragedia però il 45enne gli avrebbe rubato una canna da pesca e un retino, rifiutandosi poi diverse volte di restituirglieli, e questo aveva fatto arrabbiare Napolitano: al rimprovero, il lodigiano aveva reagito chiudendogli il bagagliaio sulla testa. Già ricoverato in una comunità per oligofrenici a otto anni, dopo aver dato fuoco al vestito di sua nonna, e condannato per l’omicidio di una vicina di casa ottuagenaria, a Casalmaggiore, Luca M., che per gli psichiatri della procura ora è capace di intendere e volere, continua a ripetere di non voler tornare in ospedale psichiatrico giudiziario: preferisce il carcere. Dove, dicono, si comporti bene.

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