«Mamma aiuto, servono soldi»: donna di San Colombano truffata su WhatsApp

In fumo 2mila euro, lo sfogo della 53enne: «Io sono sempre stata attenta, ma quando è arrivata la richiesta d’aiuto di mio figlio non ho capito più nulla e l’unico pensiero era quello di aiutarlo»

«Mamma ho bisogno d’aiuto», e la mamma non si tira indietro, ma i soldi finiscono nelle tasche dei truffatori. La truffa affettiva è arrivata a San Colombano. La settimana scorsa a cadere nella rete è stata Barbara Lazzarotto, 53 anni, che per sostenere il figlio all’estero ha versato 1.987,34 euro su un conto corrente che nulla aveva a che vedere però con il figlio. «Io sono sempre stata attenta, ma quando è arrivata la richiesta d’aiuto di mio figlio non ho capito più nulla e l’unico pensiero era quello di aiutarlo», racconta la donna.

Mercoledì scorso le è arrivato il messaggio-esca: «Mamma ho rotto il mio cellulare, questo è il nuovo numero di telefono, sentiamoci qui». Uno dei due figli di Barbara è all’estero per lavoro, negli Stati Uniti. «L’ho chiamato subito, ma appena rispondeva il telefono cominciava a gracchiare con interferenze che rendevano incomprensibili le voci – racconta Barbara -. Così ci siamo scambiati qualche messaggio su Whatsapp, poi la richiesta: mamma ho bisogno d’aiuto, mi serve un bonifico da 1.987,34 euro, proprio per il telefono. Mi sono fatta dare le coordinate bancarie, ma online non riuscivo a completare l’operazione. Così sono corsa in Posta, perché da lì a poco l’ufficio avrebbe chiuso. L’operatore mi ha segnalato che si trattava di un Iban in Belgio, ma quando ho chiesto di nuovo a mio figlio via WhatsApp mi ha confermato le coordinate spiegandomi che quella era una buona compagnia».

Tutto è successo così in fretta, a ridosso dell’orario di chiusura degli uffici, che Barbara non ha avuto modo di confrontarsi nemmeno con il marito o con l’altro figlio. «Una volta sistemato tutto e rientrata a casa, ho parlato con l’altro mio figlio che subito mi ha aperto gli occhi – dice Barbara -. Sono sempre stata attenta, conosco il pericolo delle truffe online, ma quando credevo fosse mio figlio ad aver bisogno d’aiuto, sono andata in tilt. Capito di essere caduta in una truffa, sono corsa subito dai carabinieri e poi all’ufficio postale di Lodi, l’unico aperto di pomeriggio, per bloccare il bonifico. Ma non c’è stato nulla da fare. Ora l’importante è che la gente sappia, e tenga gli occhi ancora più aperti». Così Barbara se la prende anche con il sistema: «La colpa è mia, e non cerco scusanti – conclude -. Trovo però assurdo che una volta fatto un bonifico non lo si possa più fermare. E allo stesso modo è assurdo che non ci sia una forma assicurativa che consenta un recupero anche parziale della somma truffata. Banche e poste dovrebbero avere maggiore responsabilità e prevedere formule a tutela dei propri clienti, e allo stesso modo, di fronte a operazioni sospette, gli operatori allo sportello dovrebbero segnalare il rischio truffa e accertarsi che il cliente sia pienamente consapevole di quello che sta facendo».

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