La violenza «per Pizzocolo era un gioco»

La ragazza romena aggredita in agosto ha riferito ai poliziotti la sua odissea con il killer di Arese: «Mi ha detto “ti faccio vedere come si gioca con una donna”»

Prima le ha detto: «Ora ti faccio vedere come si gioca con una donna». Poi ha preso da una borsa delle fascette di plastica e si è messo cavalcioni su di lei sul letto e le ha legato le mani. È cominciata così la notte dell’orrore di Oana Gabriela Cazan, la giovane romena rimasta per quasi 5 ore nelle mani di Andrea Pizzocolo il 7 agosto scorso e poi “scaricata” nei campi di San Martino. La ragazza, sentita dalla squadra mobile di Lodi, ha raccontato tutto quello che è accaduto quella notte, dall’incontro in via Certosa a Milano all’epilogo finale, quando lui ha lasciato il bagagliaio aperto e con una accelerata violenta l’ha fatta rotolare fuori. «Dopo i polsi mi ha messo le fascette anche alle caviglie. Io ho iniziato a urlare e lui per farmi stare zitta mi ha dato due pugni che mi hanno stordito».

Per Andrea Pizzocolo tutto quello era un “divertimento”, come scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare. Un gioco, appunto, da fare con una persona indifesa.

«È persona altamente spregiudicata e con personalità brutalmente criminale» si legge ancora nell’ordinanza. Capace, se lasciato libero, di ripetere le stesse azioni con altre donne fino all’omicidio. Che sia davvero un serial killer, però, e che abbia già ucciso in passato, non è ancora stato dimostrato.

Ma torniamo alle indagini. Per identificare la ragazza aggredita in agosto, i poliziotti sono partiti dal motel Silk, non lontano dal luogo del ritrovamento, dove Pizzocolo si era fermato con il cadavere di Lavinia Ailoaiei. I dipendenti hanno detto di essere stati contattati, all’inizio di agosto, dai carabinieri di Milano che avevano chiesto copia delle schedine dei clienti di quella notte. I militari di Musocco, infatti, a cui la ragazza aveva fatto denuncia, si stavano occupando del caso. A loro Gabriela aveva fornito il numero con cui Pizzocolo l’aveva chiamata, ma era risultato intestato a un collega del 41enne che la ragazza non ha riconosciuto. Quel numero, però, era fra quelli sequestrati al ragioniere di Arese la notte dell’arresto.

Con lei la squadra mobile ha ricostruito tutta la vicenda. Al motel (non è chiaro quale) tutto sembrava normale, fino a quando Pizzocolo ha chiesto di guardare un film porno. Lei si è rifiutata per due volte e a quel punto lui è diventato aggressivo, in particolare dopo aver fumato una sigaretta artigianale con dentro «una polvere bianca». A quel punto sono cominciate le violenze. Si è messo sopra di lei, sul letto, le ha legato i polsi con le fascette e l’ha picchiata. «Giorgio (così aveva detto di chiamarsi Pizzocolo, ndr) mi ha sollevato di peso e mi ha trasportato fino alla macchina mettendomi nel bagagliaio». Di tanto in tanto si fermava, fumava, e se lei gridava per farsi sentire lui la riempiva di botte. «Più volte gli ho chiesto di liberarmi, ma ogni volta lui mi colpiva con pugni». Per lui quello, ha detto, era un divertimento. Alla fine, arrivato in una strada campestre di San Martino, ha deciso di lasciarla libera. “Va bene, ti lascio, vado via” ha detto. Ha lasciato il bagagliaio aperto ed è partito, lasciandola rotolare fuori. A quel punto la 19enne si è trascinata fino alla provinciale 186, ed è stata soccorsa da alcuni passanti.

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