
Cronaca / Centro Lodigiano
Lunedì 19 Maggio 2025
Graffignana piange il fotoreporter Gabriele Milani
93 ANNI Aveva lavorato a lungo per il Corriere e la Domenica del Corriere
Graffignana
L’ex fotoreporter Gabriele Milani si è spento a 93 anni. Da molto tempo abitava a Graffignana, dopo essere cresciuto a Milano e aver trascorso anche un periodo a San Colombano. Aveva speso più di quarant’anni in giro per il mondo alla ricerca di scatti inediti per conto delle più importanti testate giornalistiche italiane e aveva poi anche ceduto una parte importante del suo archivio di immagini che hanno spesso fatto la storia al Comune di Graffignana, affinché venisse organizzato e valorizzato. Figlio di un artigiano veneto, visse nel cuore di Milano l’adolescenza, scoprendo, nelle strade colpite dalla seconda guerra mondiale, la passione per la macchina fotografica e la cronaca. Assunto come tecnico dalla Publifoto nel 1956, poco dopo andò a fotografare il grave fatto di cronaca della scuola di Terrazzano di Rho presa in ostaggio da due fratelli armati che pretendevano il riscatto, immagini che erano finite sui giornali di tutto il mondo, e così scoprì la sua vocazione. Nel 1962 arrivò al Corriere della Sera, con il compito di fondare la prima équipe fotografica del quotidiano, che subiva la concorrenza del Giorno di Mattei. «Ma il Corriere mi stava stretto - aveva raccontato Milani al «Cittadino» alcuni anni fa - : loro pubblicavano una foto, io avevo bisogno di più spazio per esprimermi e poi ero avventuroso, non mi bastava la quotidianità». Nel 1967 poi riuscì a fotografare il bandito Graziano Mesina, latitante, nel Gennargentu, in Sardegna. Un’avventura che ospite in Provincia a Lodi nel 2013 raccontò così:
«Ero con un collega che si era finto giornalista sportivo con la scusa del Giro di Sardegna, perché la polizia gli stava addosso - ha raccontato ancora Milani - e aveva messo anche sotto controllo i porti, perché aspettava l’arrivo di un fotografo. Io sono arrivato con l’aereo postale, tra pile di lettere e nessuno se n’è accorto». Avevano atteso un mese in Costa Smeralda, prima di avere il via libera dall’avvocato di Mesina per l’incontro, ma la polizia intanto aveva capito le loro mosse. «Loro però avevano le 128, noi prendevano macchine a noleggio e siamo riusciti a seminarli e abbiamo raggiunto l’appuntamento a Cagliari - ha raccontato ancora il fotoreporter -: ci hanno portato nei boschi, in una casa che sembrava semi abbandonata. Dopo un paio di stanze buie, ce n’era una con una tavola imbandita. Lui si è seduto lì, sorridente, con la pistola infilata nella cintura, ben vestito. Era la sua sfida alla polizia perché, in fondo, siamo tutti un po’ gigioni». Milani però, da fotografo di razza, non si sarebbe mai accontentato di due o tre foto in posa: «O mi porti con te o mi spari nel polpaccio - gli disse -: almeno posso dire al giornale che non ti ho potuto seguire per un valido motivo». Il seguito della storia è contenuto in una serie di scatti unici del bandito, ritratto mentre mangia pane e salame, o mentre dorme con il fucile o maneggia una bomba a mano; quelli sopravvissuti al sequestro della procura dopo la pubblicazione del reportage. Non certo l’unico lavoro pericoloso e avvincente della lunga e prestigiosa carriera del fotoreporter, che ha anche portato testimonianza della marcia di 600 chilometri nel deserto dell’Eritrea, a tu per tu con i guerriglieri con una collega, mentre la «Domenica del Corriere» pubblicava articoli sulla loro scomparsa perché dall’Africa non arrivavano più loro notizie. Un uomo che è stato testimone di eventi che hanno fatto la storia dell’Italia e del mondo.
Leggi l’articolo di Andrea Bagatta sul Cittadino in edicola domani 20 maggio e in digitale https://edicoladigitale.ilcittadino.it/vnp/pageflip/swipe/lodi/20250520lodi#/16/
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