Esplosione alle Seychelles, il racconto di un banino: «Se succedeva di giorno era una strage»

Ex idraulico, Bordoni ha cambiato vita: ora lavora come fotografo e noleggia barche

«Se succedeva di giorno era una strage». Il banino Paolo Bordoni commenta così l’esplosione di tre container pieni di tritolo avvenuta giorni fa nel centro industriale di Mahe Island, l’isola delle Seychelles dove è andato a vivere ormai da dieci anni e dove ha messo su famiglia. Il 7 dicembre alle 2 del mattino, il distretto di Providence a nord dell’isola, zona di capannoni e attività industriali, ma anche dove il 43enne ha ormeggiata la sua barca, è “deflagrato” sotto l’onda d’urto delle esplosioni che hanno aperto un cratere profondo 13 metri, distrutto edifici, scoperchiato capannoni, mandato in frantumi le finestre, e quel che più è grave, hanno provocato 178 feriti. Ex idraulico, Bordoni alle Seychelles lavora come fotografo per matrimoni e lune di miele e recentemente ha aperto un boat charter di noleggio barche più skipper.

La sua imbarcazione era ancorata proprio a Providence, vicino alla capitale Victoria, quando è avvenuto quello che si ipotizza potrebbe trattarsi di un attentato. Su cosa sia realmente accaduto le autorità tacciono. E anche Paolo non si sbilancia. «Le indagini sono ancora in corso – spiega -. So che è arrivata una squadra americana che collabora con la polizia». Ora che è passato qualche giorno la situazione sta tornando alla normalità. Resta il fatto che il presidente delle Seychelles, Wavel Ramkalawan, nell’immediato aveva ordinato la chiusura delle scuole e raccomandato gli abitanti di uscire il meno possibile di casa per scongiurare pericoli. «Al momento dell’incidente stavo dormendo – racconta il fotografo -. Poi è successo a nord dell’isola, io vivo a sud, a una trentina di chilometri. L’indomani abbiamo scoperto cos’era successo dai social». Se le esplosioni fossero avvenute di giorno, prosegue Bordoni, le conseguenze sarebbero state sicuramente più gravi. Lui stesso durante il dì frequenta la zona. E non ha potuto fare a meno di pensarci. «La mia reazione? Di sgomento – ammette -. Dal 7 dicembre ad oggi però la situazione è tornata normale». Che a quella latitudine significa 35°, sole e mare a pochi giorni dal Natale. «A casa abbiamo l’albero e Victoria è tutta addobbata, la sera è bellissima, piena di luci – spiega -. Ma per me il Natale è la neve, il freddo… qui non lo sento». Poi da dieci anni non mette un paio di scarpe. «Le rimetto quando torno in Italia» sorride.

E allora pazienza se il Natale è senza neve. Il rovescio della medaglia è una vita assolata.

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