
(Foto di Tommasini)
IL COMMIATO Grande partecipazione da tutta la diocesi questa mattina ai funerali a Graffignana celebrati dal vescovo Maurizio
«Don Peppino non ha mai trattenuto per sé quella speranza di cui fu un segno»: questa mattina, martedì 7 gennaio, nella chiesa parrocchiale di Graffignana il vescovo di Lodi monsignor Maurizio Malvestiti ha presieduto il funerale di don Giuseppe Bertoglio, spirato domenica 5 gennaio all’hospice di Casalpusterlengo. Da ogni parte della diocesi le persone sono giunte per l’ultimo saluto a don Peppino. Nato il 10 aprile 1937, don Peppino era stato ordinato sacerdote il 27 maggio 1961. Era stato vicario parrocchiale a Cavacurta (dall’ottobre 1961 al 1962), vice direttore della casa della gioventù di Lodi (dal luglio 1962 al 1966), assistente dell’Agesci (dal 1962 al 1969), vicario parrocchiale all’Ausiliatrice di Lodi (dall’agosto 1966 al 1969), vice rettore del Collegio vescovile dal gennaio 1969 e quindi pro rettore del Collegio dal settembre 1973 all’agosto 1983. Era stato inoltre parroco di Galgagnano dal novembre 1979 al 1982, collaboratore pastorale all’Addolorata di Lodi dall’ottobre 1979 al 1982, parroco di Guardamiglio dall’agosto 1983 all’agosto 1993, amministratore parrocchiale di Valloria dal settembre 1986 al settembre 1988. Dal luglio 1993 all’agosto 2014 era stato inoltre parroco di San Bernardo in Lodi. Dal settembre 2014 era collaboratore pastorale a Graffignana.
«Stava volentieri con la gioventù - ha sottolineato il vescovo Maurizio -: non potrò mai dimenticare le sue visite nella casa vescovile insieme agli sportivi che ne avevano colto il segreto, quello di un prete veramente contento».
È stato infine don Guglielmo Cazzulani, parroco di San Bernardo in Lodi e di fatto “successore” di don Peppino alla guida della parrocchia laudense, a dedicare un ultimo pensiero al compianto sacerdote: «Da prete non ha mai sguazzato in acque calme, ha dato il meglio di sé nella Chiesa dei confini, ha saputo costruire ponti e abbattere muri con la sua simpatia innata e contagiosa, con la sua capacità di non giudicare nessuno, ma non era un prete compagnone: il termine di ogni incontro era per tutti il sacramento della Riconciliazione». Come sottolineato da don Cazzulani, «don Peppino amava il contatto con la gente, era pragmatico, allergico alla polemica e per lui anche il calcio, la pallavolo, lo sport potevano trasmettere la felicità del Vangelo perché non ci sono angoli di mondo refrattari a Dio e il cristianesimo è un’esplosione di felicità».
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