Assolti con formula piena quattro parenti acquisiti di Pierangelo Daccò, il cosiddetto “faccendiere” di Sant’Angelo Lodigiano coinvolto da tempo in gravi procedimenti giudiziari a Milano riguardo il dissesto dell’ospedale San Raffaele e presunte operazioni corruttive scaturite dalla gestione della clinica pavese Maugeri, per l'ipotesi che il barasino fosse un “facilitatore” presso esponenti dell’amministrazione regionale dell'era di Roberto Formigoni.
Da una costola delle indagini milanesi erano scattate a Lodi verifiche sulle dichiarazioni dei redditi di Daccò, che risulta domiciliato all’estero e che per questo ha già subito una prima condanna in primo grado nei mesi scorsi, per l’ipotesi che dovesse denunciare in Italia anche compensi percepiti in Inghilterra e in Svizzera, in quanto la procura ritiene che in realtà il centro delle sue attività fosse comunque il Belpaese. Ma da queste verifiche era scattato anche il riscontro di movimenti verso i conti di alcuni familiari. Da qui l’ulteriore approfondimento della guardia di finanza su un’azienda commerciale di Sant’Angelo e la contestazione, da parte dell’Agenzia delle entrate, che nel 2006 ci fossero stati sui conti dei soci movimenti in uscita non giustificati per circa 2 milioni e in entrata per circa un milione di euro. Il tribunale di Lodi però ha rilevato che ai fini dell’accusa di “dichiarazione fiscale infedele al fine di evadere le imposte sui redditi”, vanno considerate solo le entrate. Il giudice Stefania Letizia ha quindi preso atto che, a seguito di un ricorso in commissione tributaria, in primo grado i versamenti sui conti avvenuti quell’anno 2006 erano stati poi tutti giustificati con documenti prodotti dai quattro indagati, a eccezione di importi per un totale di 100mila euro che, divisi per i 4 imputati, sono al di sotto della soglia di 50mila euro che determina la rilevanza penale.
Il pm Mario Bonizzoni ha chiesto l’assoluzione per mancanza della prova del reato, il giudice ha concesso la formula piena che era stata invocata dal difensore Paolo Ramaioli. Gli imputati erano A.C. di 55 anni, R.C. di 62, G.C. di 42 e M.C. di 50 anni.
L’Agenzia delle entrate, per il profilo fiscale, ha proposto ricorso in secondo grado presso la commissione tributaria regionale, tuttora pendente. Le indagini, suddivise in quattro procedimenti, uno per ciascun parente di Daccò, erano state coordinate anche dal procuratore Armando Spataro.
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