A Borghetto è fuga dalla mensa

A Borghetto è fuga dalla mensa scolastica. Un bambino su cinque alle scuole elementari e uno ogni quattro alle scuole medie non mangia a scuola, ma la famiglia preferisce farlo tornare a casa. È l’effetto della situazione economica generale e anche del pugno di ferro dell’amministrazione comunale leghista, che impone a chi ha dei debiti di non fermarsi a pranzo all’interno dell’istituto.

I numeri della mensa borghettina sono impressionanti, e raccontano una realtà che si vive anche in altre scuole di altri paesi. Alla scuola materna, cinque bambini su 67 iscritti non usufruiscono della mensa, alla scuola primaria invece sono ben 47 su 237 frequentanti, il 19,83 per cento, e alla scuola secondaria di primo grado, le vecchie medie, addirittura 36 su 145, pari al 25,82 per cento. Rispetto a tre anni fa, i bambini che non vanno a mensa sono raddoppiati. «Tra chi va a casa a mangiare ci sono bambini che magari hanno particolari esigenze legate anche ad allergie, ma soprattutto ci sono minori le cui famiglie hanno scelto di tenere a casa i ragazzi o di mandarli dalle nonne, per risparmiare qualcosa e quelli che non possono accedere alla mensa perché hanno degli arretrati che non sono stati saldati», spiega il sindaco di Borghetto Giovanna Gargioni. Nel paese infatti dall’anno scorso vige il divieto di “schiscetta”. In passato i bambini le cui famiglie erano morose rispetto al pagamento potevano comunque restare a scuola a mangiare, portandosi il pranzo al sacco. Da quando l’amministrazione è diventata leghista un anno e mezzo fa, invece, il Comune ha cambiato registro e chi non paga non può restare a scuola durante l’orario del servizio mensa. Tutto il sistema della mensa, compresi i pagamenti pregressi e i debiti, sono in capo alla Sir, società bergamasca che da qualche anno cura l’appalto. Negli ultimi anni l’ammanco era stato attorno ai 12mila euro. «La nostra non è una posizione dura, è una cosa normale – dice il sindaco Giovanna Gargioni -. Se una famiglia ha dei debiti pregressi, la Sir invia un sollecito di pagamento, quindi un secondo sollecito. Per il terzo subentra il Comune. Se a questi non si dà risposta, compresa la possibilità di dilazionare con più rate il dovuto, allora il bambino all’ora della mensa non può più stare a scuola. Le famiglie che decidono di tenere a casa i bambini sono tante, e non c’è nulla di scandaloso. È una scelta legittima, e comprensibile in momenti come questi». Rimane da capire come così tante assenze al servizio mensa possano influire su un percorso educativo che negli anni addietro aveva fatto anche del momento del pranzo un elemento importante sia per la socializzazione dei ragazzi sia per la crescita complessiva dei minori, soprattutto nell’ambito delle elementari.

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