«Venduta la frutta raccolta per i poveri»: chieste pene da 3 a 6 anni

Da tre anni e quattro mesi fino a sei anni e mezzo di reclusione: sono le richieste di pena avanzate ieri dal pm Sara Mantovani nell’udienza preliminare a carico di otto delle persone sottoposte a misura cautelare all’inizio di febbraio con l’accusa di aver ordito una gigantesca frode ai danni dell’Unione europea: dalle indagini dei carabinieri del Nucleo anti sofisticazioni di Milano era emerso che frutta e ortaggi per un valore di quattro milioni di euro nell’arco di più anni sarebbero stati dirottati dal circuito della beneficenza per finire sui banchetti dei mercati, in Italia e non solo. Mele, ma soprattutto ortaggi e altra frutta proveniente soprattutto dall’Emilia Romagna, oltre che dalle Marche. E per questo da Bologna, incaricato dall’amministrazione regionale, è arrivato l’avvocato Daniele Vicoli, che si è costituito parte civile innanzi al gup Isabella Ciriaco. Perché era la Regione a dover selezionare le associazioni senza fini di lucro (onlus) cui affidare le eccedenze agricole che l’Unione europea, attraverso l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura della Regione Emilia Romagna (Agrea) ritirava dai coltivatori compensandole con fondi comunitari. E dalle intercettazioni sarebbe emerso che alcuni degli indagati erano anche ben consapevoli del ruolo di controllo della Regione e si ingegnavano per eludere alcune possibili verifiche.

Fino a quando i carabinieri della compagnia di Lodi, nel 2013, durante un controllo avevano trovato mele non etichettate nella rivendita di un grossista di San Colombano, A.C., e avevano ipotizzato che si trattasse di frutta di provenienza illecita. Ipotesi poi confermata dalla procura della Repubblica di Lodi.

La richiesta di pena più elevata è stata per T.G., 65 anni, di Secugnago. Il verdetto è previsto per l’inizio di dicembre. In sette hanno chiesto il rito abbreviato, un ottavo ha proposto il patteggiamento. Un nono indagato, A.F., 41 anni, della provincia di Ragusa, è invece già sotto processo per rito ordinario. Questi nove sono stati oggetto di richiesta di giudizio immediato, in quanto sottoposti a misura cautelare, nei termini “custodiali”. Da tempo però nessuno di loro è più in carcere: c’è chi è libero, chi all’obbligo di firma, chi ancora ai “domiciliari”.

Per gli altri indagati, quelli rimasti a piede libero (in tutto gli inquisiti erano circa una ventina) la procura appare intenzionata invece a procedere con l’ordinaria richiesta di rinvio a giudizio. Le indagini comunque sarebbero già sostanzialmente chiuse.

La onlus di Secugnago, che disponeva di un grande magazzino a Codogno per queste operazioni, avrebbe dovuto assicurare lo smistamento degli ortaggi ad altre realtà senza fini di lucro, affinché la sovraproduzione sostenuta dall’Unione europea per non far crollare i prezzi al di sotto della sostenibilità non finisse al macero, ma venisse destinata a persone bisognose. Qualcuno invece, secondo l’accusa, avrebbe trovato il modo di arricchirsi mettendo le mani in questo sistema solidaristico. I giudici chiariranno ruoli ed effettive responsabilità. Contestata a vario titolo anche l’aggravante della transnazionalità di alcuni reati, per la merce che finiva all’estero.

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