Sugli argini di Po e Adda nella Bassa
un supermarket della droga

La conferma dopo gli ultimi episodi di spaccio a San Rocco e a Maccastorna

Gli argini dei fiumi nella Bassa sono “supermercati della droga”. È così nella golena del Po a San Rocco al Po e lungo l’Adda a Maccastorna, ma si spaccia anche nelle campagne a ridosso delle case lungo la provinciale 145 Santo Stefano-Mezzana Casati e “dentro casa”, che i vicini tacciano perché se no sono guai anche per loro.

A San Rocco è di pochi giorni fa l’arresto di due coppie di conviventi. Ricevevano i clienti al domicilio facendo trovare bella e pronta la cocaina. Produzione domestica. «Sappiamo che ci sono quelli che spacciano, qualcuno nostrano e qualcuno da fuori, il territorio è vasto e la situazione difficile da controllare – ammette il sindaco Matteo Delfini -. I carabinieri fanno quello che possono, ma è un fenomeno che va combattuto su due lati, dell’offerta e della domanda, perché se la gente “si fa” è perché sta male, perché ha dei buchi da riempire». È un fatto che la droga scorre e non passa weekend senza denunce e segnalazioni alla prefettura: gente alla guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, o scoperta con qualche grammo di hascisc, cocaina, marijuana. Non sono mai grosse dosi. È lo sballo del sabato sera o per molti la “vitamina” per tenere il ritmo al lavoro, a casa, “in società”. E nelle piazze dello spaccio è un viavai giorno e notte, chi compra lo fa a qualunque ora, in pausa pranzo o di rientro la sera, c’è chi arriva in macchina, i più giovani in motorino, e a Santo Stefano i residenti hanno riferito di uno col monopattino. Da quelle parti la situazione sembra essersi calmata. Sembra

. «L’ultimo episodio è di un mese e mezzo fa, attualmente non ho segnalazioni neanche dal Comune», dichiara il neosindaco Marinella Testolina. Dove il problema rischia di esplodere è invece a Maccastorna. Venerdì il guardiacaccia del paese è stato minacciato di morte da due pusher per il solo fatto di essersi avvicinato. E il sindaco Fabrizio Santantonio teme il peggio: «Il problema è pluriennale perché la nostra corrispondenza con la prefettura comincia nel 2018 e l’ultima comunicazione per rendere edotti della continuità dello spaccio è datata 23 luglio di quest’anno. Come Comune in primavera abbiamo fatto la giornata della pulizia e con Aipo stiamo ragionando su alcune attività da porre nelle vicinanze del fiume per fornire un’alternativa di vivibilità, ma di episodi come quello di Lino Frigoli ne abbiamo avuti almeno quattro a mia conoscenza e la preoccupazione è che qualcuno si arrabbi e reagisca, con conseguenze anche tragiche. Ci sono pezzi di territorio fuori controllo e il doppio rischio è quello dell’incolumità delle persone e che si possa scadere nel far west del farsi giustizia da soli. Dobbiamo cercare di dare risposte che siano convincenti nei fatti più che a parole».

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